Un’intervista diversa dal solito, quella che abbiamo fatto a Enrico Zoppas presidente del gruppo San Benedetto, leader assoluto nelle acque in Italia, presente in 100 paesi, con 10 stabilimenti nel mondo di cui 6 in Italia, 757,3 milioni di fatturato, 1953 dipendenti, 4,49 miliardi di bottiglie prodotte ogni anno. L’abbiamo seguito e fotografato all’interno della fabbrica di Scorzè (Ve), poi nell’area ricerca e sviluppo, dove lavorano oltre 100 ingegneri; infine nell’immenso magazzino completamente automatizzato, alto 22 metri, capace di contenere 27mila bancali, attivo 24 ore su 24, dal quale in estate partono fino a 700 camion al giorno.
Competente, coinvolto, orgoglioso. Zoppas ci ha guidato nel cuore pulsante della sua impresa, facendoci toccare con mano qual è il segreto di un gruppo che riesce a competere (e vincere) sul mercato con colossi del calibro di Coca-Cola e Nestlè. La parola magica, che Zoppas ripete spesso durante tutte le tappe della nostra visita, è flessibilità. Pochi e veloci passaggi traducono in pratica un’idea innovativa, grazie a un impianto industriale progettato proprio per adattarsi via via alle nuove esigenze produttive. Lasciamo quindi parlare le immagini, per trasferire anche ai lettori l’atmosfera che si respira sul campo. E lasciamo la parola a lui, icona vivente dell’autentico made in Italy, quel mix di know how, passione e fiuto imprenditoriale che rende riconoscibili i nostri prodotti in tutto il mondo.
Qual è il punto di forza/distintivo dei vostri stabilimenti produttivi?
Per uno stabilimento che gestisce 700 referenze, il punto di forza è necessariamente un mix di efficienza e flessibilità. Ne è un esempio la nostra Linea 42, impianto di ultima generazione, realizzata quasi interamente da noi e pensata per adattarsi con estrema velocità a cambi di formato.
Quanto è strategico il cambio di formato per le nuove referenze?
È fondamentale. Quando lanciamo un nuovo prodotto pensiamo a 360 gradi al contenuto e al contenitore in modo da ottenere la massima coerenza possibile tra bevanda e imballo. Tra i nuovi progetti che abbiamo in cantiere lanciamo quelli meno impattanti sul sistema produttivo che abbiamo, ma puntiamo comunque a creare prodotti dall’identità forte. Oggi bere è una moda e, soprattutto nel fuoricasa, l’attrattività del pack fa la differenza.
Quanto sta crescendo per voi il fuori casa?
Negli ultimi due anni è cresciuto moltissimo, a ritmi del 20% l’anno. Oggi rappresenta il 40% del nostro business complessivo.
E il vending?
Il vending ha brillantemente superato la crisi di due anni fa, anche grazie a un processo di aggregazione tra i player del settore che ha portato oggi a un mercato più professionale, che ha ripreso a crescere dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Per noi il vending è un canale molto aperto all’innovazione e quindi molto importante per il suo dinamismo.
I vostri impianti sono veloci, flessibili, ma anche sostenibili. Avete appena rinnovato un accordo con il Ministero dell’Ambiente: che cosa prevede?
Abbiamo rinnovato un accordo che per primi abbiamo firmato in Italia che attesta il nostro impegno a implementare le tecnologie che controllano emissioni CO2. Nel periodo 2008-2012 abbiamo ridotto le emissioni di CO2eq del 19,4% sulla linea acqua minerale San Benedetto. Dal 2013 al 2016, sulla linea Progetto Ecogreen sono state ridotte le emissioni di CO2eq del 17,5 per cento. L’obiettivo è lavorare per ottenere materiali meno impattanti e fabbriche più efficienti, ma anche per diffondere tra partner commerciali e consumatori una cultura del recupero e di riduzione degli sprechi.
I consumatori vi seguono?
Sicuramente si sentono corresponsabili con noi della tutela dell’ambiente e incominciano a considerare la sostenibilità come un fattore primario nella valutazione di un nuovo prodotto.
Com’è strutturata la vostra area R&D e quanto la sua attività su questo fronte fa la differenza?
Considero una delle mie responsabilità principali quella di delineare le scelte strategiche di sviluppo dell’azienda, quindi di proporre anche novità che possano rendere distintiva la nostra offerta. Quando ho un’idea su come sviluppare nuovi prodotti, la condivido con il Marketing e con tutto il reparto tecnico della ricerca e sviluppo fino a trovare il modo più efficace ed efficiente per tradurre le nuove idee in operatività. In questo percorso è strategico capire bene dove e con chi vogliamo competere, in modo da misurarci in segmenti di mercato dove il valore aggiunto della nostra offerta possa emergere.
Quali sono i punti di forza del vostro sistema logistico, che vi hanno consentito di rendere più efficiente la relazione con i retailer?
I numeri li abbiamo detti: parliamo di un’area completamente automatizzata che ospita 27mila bancali e arriva a caricare 700 camion al giorno. Carichiamo direttamente dalla produzione e il magazzino gestisce da solo il prodotto, prendendo sempre il più vecchio per il carico dei camion, quindi la rotazione è perfetta. Avere una perfetta organizzazione logistica diventa vitale nei periodi estivi quando bisogna garantire un livello di servizio molto elevato, rendendo disponibile il prodotto in tempi rapidissimi da quando arriva l’ordine. Nei periodi di punta movimentiamo 24 milioni di pezzi al giorno: non mi risulta ci siano altre realtà capaci di gestire in modo tanto efficiente una tale quantità di pezzi. È anche merito di questa capacità logistica se nel mercato dell’acqua cresciamo dell’8% circa l’anno e oggi abbiamo una quota del 15,4% (quota di gruppo sul totale mercato beverage analcolico) che ci garantisce la leadership assoluta.
Com’è nata l’idea dell’ultima fortunata campagna con Cindy Crawford?
Stavamo lavorando su un nuovo approccio di comunicazione che conferisse al nostro brand un’immagine percepita più alta e veicolasse un bagaglio valoriale forte come l’Italianità, la purezza, la bellezza e l’eleganza. La nostra idea era quella di utilizzare anche una testimonial importante capace di esprimere questi valori. Leggendo una recensione in cui si nominava Cindy ho pensato improvvisamente che utilizzare una testimonial di 52 anni ancora bellissima poteva essere il modo migliore per trasferire l’idea di uno stile di vita sano e naturale. Tutto questo, ambientato a Roma in un’epoca ancora piena di energia e ottimismo, poteva davvero far passare un’immagine vitale e positiva del brand. E così è stato.