Le due location inaugurate lo scorso 19 giugno a Milano, in Duomo e a Porta Nuova, hanno segnato una tappa fondamentale nel percorso di sviluppo di Briscola-Pizza Society. Il concept di pizza napoletana basato sui principi della confraternita e del “pizzasharing”, lanciato nel 2015 da Foodation, holding specializzata nell’ideazione di format di casual dining, rappresenta il cuore pulsante di un’iniziativa imprenditoriale che merita di essere raccontata dall’inizio.
A cominciare dai soci fondatori, Riccardo Cortese e Federico Pinna: conosciutisi nel 2009 all’interno di un’associazione giovanile di supporto alla candidatura di Milano all’Expo 2015, hanno subito capito che ad accomunarli, a dispetto di percorsi formativi diversi (il primo laureato allo Iulm, il secondo laureato alla Bocconi), c’erano obiettivi e frustrazioni condivisi. E, a fare da propulsore, la stessa voglia di mettersi in gioco e fare impresa, magari cavalcando l’onda del successo del food&beverage fuori casa. Li abbiamo incontrati nel grande locale di via Marconi, angolo via Dogana, all’ombra del Duomo: una “street food” tutta da scoprire.
Cominciamo dalle frustrazioni: da cosa dipendevano?
Avevamo colto un forte desiderio di far partire a Milano qualcosa di nuovo, che generasse un cambiamento. Amando viaggiare, ci capitava di vedere all’estero catene grandi e ben organizzate, magari con insegna italiana, ma che di tricolore avevano poco o nulla, senza contare la qualità del prodotto, spesso molto scarsa: basti pensare al mercato della pizza, dominato da brand che propongono un prodotto molto distante dalla tradizione partenopea. Nel 2010 ad Amsterdam ci aveva colpito molto Burger Bar, una catena che proponeva ottimi hamburger con tutti i processi di preparazione completamente a vista. Forse è scattata proprio lì l’idea di lanciare a Milano qualcosa che ancora non c’era: un format che coniugasse qualità dell’offerta ed estrema basicità e replicabilità dei processi, requisito indispensabile per creare una catena.
Da qui è nata tutta una serie di format “dedicati”?
È così: il primo, nel marzo 2012, è stato Trita-Taylor Made Burger, un locale di 38 mq totali con una dozzina di sgabelli in piazza XXIV Maggio, che non proponeva ricette predefinite, ma dava la possibilità di personalizzare al 100% il proprio hamburger, con ingredienti di ottima qualità. Un successo immediato di pubblico e critica, che ci valse il premio di miglior hamburgeria di Milano: il contemporaneo affermarsi del fenomeno dei food blogger e degli influencer ci aiutò molto a comunicare e dare visibilità al progetto.
È stata quindi la volta di Burbee e Polpa…
Burbee, creato coinvolgendo un franchisee, era un locale caratterizzato da processi che ci permettevano di avere un controllo totale della filiera: dal tritacarne refrigerato che manteneva vivo il colore della carne, alla piastra teppanyiaki, che si pulisce perfettamente con una spatola. Il cliente poteva comporre l’hamburger o scegliere da una lista di ricette create da noi, accompagnate da ottima birra artigianale. Dall’evoluzione di Burbee è nata Polpa – Burger Trattoria, un locale a elevato contenuto esperienziale, con prepagamento dell’ordine e consegna al tavolo: una hamburgeria 100% italiana ispirata alla tradizione della trattoria, con la tovaglia a quadri, il parquet a spina di pesce, arredamento vintage, sedie tutte diverse, musica retrò, hamburger battezzati con i nomi delle trattorie italiane di un tempo. Le ricette vestono di italianità un prodotto americano, dalle scelta di materie prime made in Italy alle salse prodotte da fornitori attentamente selezionati.
Un locale molto ben caratterizzato…
Polpa e gli altri locali ci hanno fatto capire che, partendo da un modello organizzativo simile e da “master” molto forti, si potevano costruire format diversi, introducendo di volta in volta le varianti opportune. Si trattava di concept “esportabili” utilizzando l’italianità come fattore distintivo e di richiamo per il consumatore straniero. Polpa l’abbiamo sperimentato a Milano e a Cagliari, altra piazza che ben conoscevamo. Poi abbiamo incontrato un gruppo di investitori con esperienze in ambito digitale che, alla ricerca di esperienze nel mondo “fisico”, ci ha proposto una collaborazione. E abbiamo accettato la sfida di ricominciare da capo, aprendo nel 2014 Foodation come una sorta di “piattaforma di intelligenza” capace di dar vita a format diversi, con la mission di diventare un punto di riferimento nel food retail e un partner affidabile e sicuro per interlocutori finanziari che decidano di investire in catene di ristoranti made in Italy nel nostro paese e all’estero.
Quali sono gli altri concept nati in quel frangente?
Il primo è stato Macinata, in via Goito di fronte al celebre liceo Parini, caratterizzato dalla totale componibilità dell’hamburger, con moltissimi ingredienti e combinazioni pressoché infinite. L’altro è Mariù, in viale Sabotino: un locale che propone il kebab, lo street food più diffuso al mondo, con un contenuto di italianità – due versioni a base di solo pollo o solo vitello, con la piada romagnola realizzata con olio d’oliva e non strutto e la “puccia” salentina cotta a pietra, prodotta da un fornitore specializzato – e processi semplificati. E finalmente nel 2015 è arrivata Briscola – Pizza Society… L’idea è nata dal forte desiderio di creare qualcosa di inedito e standardizzabile nel segmento medio-alto, affrontando la sfida di vestire di internazionalità un prodotto tipicamente italiano. E così abbiamo puntato su una formula che ha saputo distinguersi innanzitutto nella modalità di fruizione del prodotto, rompendo i cardini di degustazione della pizza classica: un locale divertente, con un look non convenzionale in linea con lo spirito della città, emblema di food, moda e design. Basti pensare agli arredi, giocati sulla volontà di interpretare la briscola partendo dal “lato B” della carta, con il suo motivo geometrico elegante e vintage ripreso un po’ ovunque, a cominciare dal disegno del pavimento, e il bianco e nero che lasciavano spazio ai colori solo nella pizza.
Cosa significa “pizzasharing”?
È uno dei tratti maggiormente distintivi di Briscola. Accanto alla pizza tradizionale dal diametro di 30 cm, che il cliente può comporre a piacere su tre basi (margherita, bianca e rossa), offriamo la possibilità di optare per una coppia di “pizzine” da 18-20 cm. Questo consente di provare più combinazioni di pizza all’insegna della sperimentazione e della condivisione con gli altri commensali.
Come si è sviluppata la catena?
Un punto di svolta è stata, nel 2015, l’assegnazione al primo locale del titolo di miglior pizzeria d’Italia, a seguito di un sondaggio del “Gastronauta”, da parte del giornalista enogastronomico Davide Paolini. Il premio ci ha regalato una grandissima notorietà, convincendoci a concentrarci più sullo sviluppo “verticale” di questo format, che non su quello “orizzontale” degli altri. E così abbiamo aperto un secondo Briscola a Firenze e un terzo locale, a Milano, in via Piero Della Francesca.
Cos’ha portato l’ingresso di Francesco Trapani nei piani di crescita della società?
Francesco Trapani, ex AD di Bulgari e manager di Lvmh, ex presidente esecutivo di Clessidra e attuale azionista di Tiffany e Tages Holding, è un super esperto di marketing e retail. Abbiamo da subito condiviso un progetto strategico che ha l’obiettivo di fare di Briscola-Pizza Society il marchio di riferimento della pizza napoletana sul mercato europeo. Abbiamo iniziato con le nuove aperture in due zone iconiche di Milano – Duomo, cuore della tradizione storica e Porta Nuova, simbolo della modernità e del dinamismo cittadino – che segnano la trasformazione del format da fast casual a casual dining restaurant. E lo abbiamo fatto in grande stile, affidandoci all’architetto Fabio Novembre, uno dei massimi esperti internazionali di interni e design. L’obiettivo è selezionare sempre location premium: una preoccupazione che in passato non avevamo, perché sapevamo che, per sostenere le nuove aperture, ci sarebbero venuti in soccorso gli strumenti del marketing e della comunicazione, in primis quella social, che abbiamo sempre utilizzato con convinzione.
Quali sono i progetti a breve-medio termine?
Abbiamo appena concluso il restyling delle altre location e punteremo a nuove aperture in Italia nel primo semestre 2019. Non escludiamo di estendere il brand ai canali del travel retail: aeroporti e stazioni su tutti. La crescita di Briscola a Milano è il primo step per affermare il brand sul mercato europeo. In autunno saremo operativi a Londra, sede dell’headquarter di Foodation Ltd, dove intendiamo iniziare la diversificazione all’estero. Pensiamo a uno sviluppo diretto in Italia, Gran Bretagna e Francia, vorremmo trovare joint venture in Spagna e Germania, mentre Golfo Persico, Giappone, Russia e Usa in licenza.