Venture capital, private equity, club deal sono le uniche formule per aprire il capitale di rischio a soci finanziatori? C’è anche lo sbarco in Borsa ovviamente, ma è per le società che hanno già una struttura organizzativa e un conto economico compatibili. Ma la novità più interessante degli ultimi anni è il crowdfunding, che sta prendendo piede anche in Italia come dimostrano i dati dell’Osservatorio specializzato del Politecnico di Milano. Ovvero
il metodo per raccogliere capitale o denaro in prestito, fissando per entrambi un orizzonte temporale di scadenza, da un pubblico indistinto di investitori privati dopo aver messo la propria idea di business o con la propria start up “in vetrina” su dei siti specializzati in questo servizio.
La piazza principale in Europa è l’Inghilterra, ed è proprio lì che Giuseppe Ugolotti Verdoni ha raccolto quasi 411 mila sterline da 166 investitori (l’investimento medio è stato circa 2500 sterline) nel 2016 per finanziare il proprio progetto di una catena di pub specializzata in birra artigianale italiana (non solo). L’insegna si chiama The Italian Job e tra i soci c’è anche il Birrificio del Ducato di Soragna (Parma), guidato da Giovanni Campari.
«The Italian Job – spiega Giuseppe Verdoni – è un’idea di pub alternativa. Piccoli birrifici artigianali, niente prodotti delle multinazionali e marchi mainstream. Ha tutte le caratteristiche, insomma, per essere un buon progetto da crowdfunding, che possa attrarre gli investitori pronti a supportare non solo un business ma anche la sua “idea di mondo” che c’è dietro. In questo caso si tratta, in un certo senso, del rifiuto delle logiche delle grandi major della birra. I punti di vendita londinesi già aperti sono tre ai quali se ne stanno aggiungendo altri due. L’idea è quella di continuare nell’espansione della rete e poi verificare la possibilità di cedere la proprietà a chi possa continuare nello sviluppo, per dare modo a coloro che hanno investito
in crowdfunding di poter monetizzare il loro investimento. Solitamente ci si dà un arco temporale di tempo nel quale poter uscire dall’investimento che nel nostro caso è di cinque anni».
Uno dei punti di vendita è anche all’interno del Mercato Metropolitano nel quartiere di Newington: un’esperienza di food court all’italiana nata a Milano con l’Expo del 2015 e volata a Londra dopo il successo nel capoluogo lombardo. Giuseppe Verdoni è socio anche dell’Enoteca Rabezzana, nata
a Londra in collaborazione con la famiglia di produttori di vino piemontesi Rabezzana e con i produttori di prosecco d’Asolo Cà Zen. E proprio Franco Rabezzana ha raccolto sulla piattaforma italiana Crowdfundme 213mila euro per un progetto di sviluppo della sua Osteria Rabezzana di Torino, che dovrebbe vedere una seconda apertura nel capoluogo piemontese e poi Milano.
«In Inghilterra il fenomeno delle catene di ristorazione commerciale è molto ampio e consolidato in ogni segmento dell’offerta, ma le catene di cibo italiano sono molto sottodimensionate rispetto al valore riconosciuto alla nostra cucina – conclude Verdoni –. Secondo me c’è spazio per format di pasta,magari fresca, per le panetterie in quanto il bakery è in crescita ed è solo coperto da format inglesi o francesi».
Recentemente Verdoni si è buttato in un’altra avventura londinese. Si chiama Barino e fa pensare subito alla “dolce vita”. O meglio, alla “sweet life”.