Il pairing si sta dimostrando valido alleato della categoria e sono in crescita gli italiani che inseriscono una craft beer come prodotto integrante della loro dieta mediterranea.
La scoperta continua di nuovi aromi, poi, contribuisce a galvanizzare la curiosità dei consumatori. L’interesse verso le birre artigianali non è più marginale e contribuisce a creare valore. I numeri fotografano un segmento, uscito finalmente allo scoperto, che guarda verso l’alto e offre di conseguenza anche opportunità lavorative. Gli ultimi dati alla mano sono quelli forniti da Assobirra.
L’associazione di categoria ha ribadito che l’esplosione dei micro birrifici, fenomeno questo alimentato soprattutto da imprenditori in media poco più che trentenni, ha creato nel solo 2017 ben 3mila nuovi posti di lavoro. Il fuoricasa è l’habitat che per primo ha creduto nella birra non pastorizzata né microfiltrata. La grande distribuzione organizzata, giusto ricordarlo, si è accodata e ha sposato il fenomeno solo successivamente. L’Horeca come luogo di riferimento, quindi, e se, in un primo momento, si parlava solo di pub, birrerie, e poi ristoranti tradizionali, oggi anche il canale del Foodservice comincia a rivendicare un ruolo strategico.
Lo sviluppo di nuove catene con un’offerta food sempre più specializzata, mirata e di gourmet, si è inevitabilmente coniugato con il fenomeno delle birre artigianali. «Se un consumatore si reca in una catena che propone un cibo particolare, per forza di cose è lecito attendersi che desideri sorseggiare anche una birra particolare. Più il cibo è articolato nei suoi sapori, più una birra diversa da una classica lager trova il suo spazio» osserva in merito Alfredo Pratolongo, Responsabile Comunicazione di Heineken Italia, filiale del gruppo olandese che, non a caso, nutre un forte interesse nei confronti delle craft beer.
Questo rapporto sempre più affinato tra birra artigianale e cibo è trainato soprattutto dalla generazione individuata nella fascia di età dai 30 ai 45 anni. Lo sostiene uno studio condotto da Fondazione Birra Moretti, che ha effettuato un sondaggio su un campione composto da personale ‘di sala’ dei ristoranti, ossia maître, sommelier e camerieri. Non quindi semplici consumatori, bensì professionisti della ristorazione. Dalle loro risposte, in effetti, è emerso che il target di riferimento beve oggi birra in modo ‘diverso’ rispetto ai coetanei di 10-15 anni fa. A conferma che sono cambiate le abitudini di consumo. La birra non è più un ripiego e il 55% dei commensali tende a ordinare qualcosa di diverso dalla classica lager, preferendo orientarsi verso segmenti più articolati come le tipologie Ale, Blanche, Bock o Ipa. La bevanda, poi, ottiene ancora il maggior numero di consensi se abbinata a un piatto di carne, come ha risposto il 75% degli interpellati dalla ricerca della Fondazione Birra Moretti. Una percentuale rilevante senza dubbio, alla quale però fa da contraltare un 24% di coloro che, la birra, amano sorseggiarla in compagnia di una portata di pesce. Connubio, quest’ultimo, fino a poco tempo fa considerato quasi un’eresia.