Quando ha aperto il primo locale a Roma nel 2004, Obicà Mozzarella Bar ha rotto gli schemi, proponendo l’autenticità, la freschezza e la genuinità dei migliori prodotti della tradizione italiana in un ambiente accogliente e conviviale, dal design essenziale e moderno. Da allora, la catena è cresciuta senza sosta, sfidando con successo mercati complessi come UK e Usa e realtà lontane come il Giappone.
Oggi la società conta 24 locali, un fatturato consolidato di 40 milioni di euro nel 2018 e circa 600 dipendenti complessivi. L’emblema dei ristoranti è orgogliosamente rimasto la Mozzarella di Bufala Campana Dop: una firma inconfondibile su una proposta che mette in vetrina la nostra migliore tradizione gastronomica. Un giacimento di specialità capace di conquistare un pubblico di appassionati tra Milano, Palermo, Londra, New York e Tokyo. Insomma, “Eccolo qua!” (traduzione di “Obicà” dal dialetto napoletano) un esempio di ristorazione veloce di successo, che ci illustra il Ceo Davide Di Lorenzo, manager italiano che guida la società dalla sede londinese.
Con quali obiettivi è nata Obicà?
Nel 2004 l’assunto di base fu quello di scardinare la logica della classica trattoria italiana, un format abusato anche all’estero, puntando sulla valorizzazione di alcune delle nostre tipicità regionali, a cominciare dalla Mozzarella di Bufala Campana Dop, uno dei prodotti italiani più apprezzati nel mondo, nelle sue diverse declinazioni, e su locali dal design pulito e contemporaneo. L’ispirazione si deve al nostro fondatore Silvio Ursini, che in un viaggio in Giappone rimase affascinato dai sushi bar e dal rituale della preparazione del tipico cibo giapponese. Sin dalla prima apertura a Roma, nei pressi del Parlamento, il posizionamento di Obicà è stato chiaro: amore per gli ingredienti, rispetto per le preparazioni e cura per ciò che viene servito, sempre all’insegna di qualità e gusto.
Quali sono le tappe fondamentali dell’espansione del format?
Dopo Roma, in Italia abbiamo aperto a Milano e Firenze e quindi abbiamo deciso di puntare su alcune piazze molto importanti: la Gran Bretagna con 4 locali, gli Usa con due ristoranti a New York e tre a Los Angeles e il Giappone, un progetto partito nel 2008 per il quale abbiamo preferito puntare sul franchising. Oggi contiamo tre Obicà a Tokyo e uno a Osaka e Yokohama.
A proposito di franchising: pensate di utilizzarlo in futuro?
Abbiamo appena siglato un contratto di franchising per il mercato portoghese. Lo consideriamo uno strumento interessante, che in futuro potremmo utilizzare ancora. In ogni caso va gestito bene, perché il rischio da evitare è quello di affidare il brand a un soggetto che non lo sappia valorizzare. Per questo siamo molto cauti. In generale, ritengo che in Italia difficilmente vi faremo ricorso. In UK e Usa stiamo tenendo aperta la possibilità di un’espansione diretta. In Europa, invece, potrebbe essere un’idea interessante.
A quale target vi rivolgete?
Per certi versi è trasversale, ma fette importanti sono quelle rappresentate dalle donne 30-45enni orientate a una cucina di tipo leggero (in cucina non utilizziamo né aglio né cipolla), da una clientela di profilo metropolitano-business più maschile e, a seconda delle location, da viaggiatori (vedi Stazione Centrale a Milano) o turisti (vedi Campo de’ Fiori a Roma).
C’è differenza tra le richieste dei vostri clienti italiani, inglesi, americani e giapponesi?
Siamo riconosciuti un po’ ovunque come un format di qualità: il nostro è un cliente “foody”, che riconosce la qualità dei nostri prodotti e sa che da noi potrà soddisfare le sue esigenze. Le differenze non mancano: nei locali in UK c’è un consumo di bevande alcoliche più elevato rispetto all’Italia e a New York o Los Angeles. Inoltre, se da noi il prodotto più consumato è la Mozzarella di Bufala Campana Dop, in UK, Usa e Giappone è la burrata, visto come un prodotto più leggero. Il cliente premia la freschezza dei nostri latticini, che arrivano a destinazione (anche in Giappone) tre volte alla settimana.
Quali location prediligete?
Siamo presenti nelle città, spesso nelle aree del business o del turismo, nel canale travel (a Milano Malpensa e Stazione Centrale), in department store di lusso come Rinascente Duomo e in grandi strutture commerciali di alto profilo, come il Serravalle Outlet. A prescindere dal canale, il segreto è trovare le location “giuste”.
Come selezionate i fornitori e gestite la logistica?
La selezione dei fornitori per noi è ovviamente fondamentale. Alcuni sono con noi sin dal 2004: cerchiamo di instaurare relazioni lunghe e stabili. Puntiamo sulla qualità, ma anche sulla sostenibilità e la particolarità dei prodotti. Alcuni sono piccoli produttori, che riescono comunque a garantire le quantità necessarie a Obicà. Un caso è il pomodoro La Motticella, coltivato nella zona di Nocera, di cui compriamo quasi tutta la produzione del nostro fornitore. La nostra buyer Mia Fossati dedica molto tempo a selezionare queste eccellenze locali. La logistica è diretta, senza alcun ricorso all’outsourcing.
Utilizzate il delivery?
Per un brand internazionale come Obicà, si tratta di uno strumento importante: basti pensare che un locale di Londra sviluppa il 30% delle vendite con il delivery. Abbiamo un accordo in esclusiva con Deliveroo: a Milano l’attività è già ben sviluppata.
Quanto pesano gli eventi e il catering?
È un segmento ancora piccolo (vale il 5% delle vendite) ma in crescita, sul quale investiamo molto, tanto da avere un event manager in ogni città in cui operiamo. In genere organizziamo eventi quasi sempre business nei nostri locali. Non facciamo catering per grandi numeri per mantenere alta la qualità.
Quali sono i piani di sviluppo nel breve e medio periodo?
In Italia stiamo valutando l’ingresso in altre città importanti: penso, per esempio, a Venezia. All’estero guardiamo con interesse a Paesi come Francia e Svizzera.