Una cucina sostenibile è una cucina che gestisce e controlla “a 360 gradi” l’approvvigionamento e l’utilizzo delle materie prime. È proprio questo il punto di partenza “illuminato” per partire con il piede giusto nella lotta allo spreco alimentare. Lo confermano anche due realtà che operano sia nella ristorazione collettiva sia in quella commerciale, come Camst e Cirfood.
CAMST, LA LOTTA ALLE ECCEDENZE ALIMENTARI È UNA PRIORITÀ
Per Camst il tema della lotta allo spreco alimentare è una priorità. “Da azienda di ristorazione che produce 130 milioni di pasti all’anno, sentiamo una forte responsabilità nella lotta contro lo spreco alimentare. Per questa ragione collaboriamo con associazioni in tutta Italia che ci aiutano a recuperare cibo per ridurre al minimo gli sprechi – dichiara il presidente Francesco Malaguti –. Abbiamo poi un occhio di riguardo per la ristorazione scolastica: dai nostri monitoraggi sappiamo che una piccola parte del pasto cucinato per ciascun alunno rimane ogni giorno nel piatto, diventando spreco. Per questo garantire modelli sostenibili di consumo per noi è un obiettivo importante da realizzare insieme alle nuove generazioni attraverso i percorsi formativi in ambito scolastico”.
Per Malaguti è fondamentale controllare tutte le fasi del processo produttivo: “La nostra esperienza ci ha insegnato che lo spreco alimentare nel settore della ristorazione va affrontato in tutte le fasi dell’attività: nell’acquisto dei prodotti e nella gestione delle scadenze, durante la preparazione e la distribuzione del cibo, nella fase successiva all’erogazione del pasto. Per controllare tutta la filiera a partire dall’acquisto delle nostre materie prime e limitare lo spreco delle risorse, oltre che per garantirne sicurezza e tracciabilità, abbiamo realizzato, nel 2010, un centro distributivo di oltre 23mila metri quadrati grazie al quale riusciamo ad avere un piena centralizzazione di questa attività”.
CIRFOOD, RIDUZIONE AL MINIMO DELLO SPRECO
Anche per Cirfood la lotta allo spreco alimentare è primaria, come sottolinea la CSR manager Maria Elena Manzini: “Crediamo che il cibo del futuro sarà quello in grado di tutelare la salute del consumatore, rispettare i diritti degli attori della filiera alimentare e soprattutto preservare le risorse del pianeta e l’ambiente in cui viviamo. Per noi il contrasto degli sprechi alimentari rappresenta uno dei temi centrali dello sviluppo dell’impresa e della crescita culturale delle persone. Per questo da anni ci impegniamo con diverse iniziative a trasferire tale valore ai nostri partner, clienti ed educare a stili di vita più salutari e meno impattanti sull’ambiente, sensibilizzando la comunità sul tema dello spreco alimentare. L’impresa sta ponendo le basi per la realizzazione di un percorso che, in un’ottica di economia circolare, includa un forte impegno nella lotta alla riduzione degli sprechi di acqua, energia e cibo”.
Per quanto riguarda la fase dell’approvvigionamento e degli acquisti, “il livello di sprechi generati è quasi pari allo zero, poiché lavoriamo su ordini razionalizzati e basati sulle esigenze delle cucine. In magazzino gestiamo i prodotti in quantità ridotte, soprattutto gli stock di prodotti freschi o freschissimi (portando avanti una logica quasi di just in time). Ciò ci permette di azzerare la quantità di prodotti vicini alla data di scadenza che comporterebbe conseguentemente un aumento degli scarti. Inoltre, chiediamo ai nostri fornitori una garanzia di vita residua dei prodotti consegnati di almeno l’80 per cento. Gli unici sprechi che individuiamo nascono dalle consegne errate o da prodotti ammaccati e quindi ancora consumabili ma non utilizzabili all’interno del nostro circuito di produzione. Proprio per far fronte a questo problema, abbiamo avviato collaborazioni con enti assistenziali per donare queste derrate alimentari”.
LA PIADINERIA, MONITORAGGIO DELLA FILIERA
“Gestiamo un business tendenzialmente prevedibile, i punti vendita sanno quanto consumano e cosa devono ordinare alla sede centrale. Il nostro sforzo quotidiano è monitorare al meglio la filiera proprio per ottimizzare la gestione della nostra attività: dall’approvvigionamento alla rete alla lavorazione in punto vendita, fino al consumo finale. Per fortuna, a differenza di quanto può avvenire in un ristorante tradizionale, chi ordina una piadina la consuma per intero, per cui il nostro compito è sorvegliare la filiera soprattutto a monte”. Laura Galli, Communication Manager di La Piadineria, brand che negli ultimi anni ha moltiplicato i punti vendita, festeggiando la 250esima apertura lo scorso ottobre, sintetizza così la strategia della catena di ristorazione fast casual per minimizzare gli sprechi in ambito food. “Per noi si tratta di un tema tanto importante quanto delicato da un punto di vista innanzitutto etico, ma anche dei costi: non dimentichiamo che il nostro è un business fatto di vendite quotidiane e con uno scontrino molto basso, sotto i 10 euro in media. Per questo non possiamo permetterci sprechi”. Ecco perché il presidio della filiera è assolutamente meticoloso.