Il variopinto mondo delle specialità gastronomiche italiane è un succulento paniere dalle ricche risorse. Alcune hanno oggi una risonanza popolare e sono note al grande pubblico, con tanto di format dedicati. Piadinerie o gnoccherie, solo per citare qualche esempio del momento. Ci sono poi le tipicità locali meno conosciute. Ed è il caso di Tigella Bella, una realtà nata nel 2004, diffusa oggi su tutto il territorio nazionale dove conta 25 punti vendita. L’offerta di quest’insegna è centrata sulla tigella (detta anche crescentina), tipo di pane che trova le sue origini nella zona del modenese, che lo propone in diverse soluzioni giocando molto sul concetto di versatilità. Da Tigella Bella quindi, il menù varia e abbina al prodotto base diverse soluzioni con materie prime selezionate, dai salumi ai formaggi stagionati e morbidi, dalle verdure di stagione alle salse e creme varie. La catena accompagna alla tigella anche lo gnocco fritto che funge in questo caso da ideale sparring partner.
Su questa catena ha deciso di investire soldi e ambizioni la coppia di imprenditori pavesi formata da Veronica Giorgi e suo marito Fabio Iorino. Insieme sono entrati sei anni fa nella compagine societaria di Tigella Bella che ha sede a Verona, inizialmente con una quota di proprietà del 50%, oggi salita all’80 per cento. Il loro ingresso ha coinciso con la volontà di dare a questo progetto imprenditoriale una scossa, perfezionando una serie di nuovi locali di diretta proprietà e non in franchising, ma soprattutto con un layout diverso, ritenuto dai suoi fautori più moderno e concepito come luogo informale e accogliente. Il primo punto vendita di questa nuova versione dell’insegna è stato inaugurato a Pavia nel 2013, a cui ne sono seguiti altri. Tra questi, quello aperto la scorsa estate a Milano e che rappresenta un vero e proprio banco di prova per i coniugi pavesi. In questa intervista Veronica Giorgi traccia le linee guida del progetto ed evidenzia gli obiettivi indicati nel business plan, che dopo l’esordio sul suolo meneghino ha subito una decisa rilettura.
Milano, in questa sua fase storica, rappresenta un test per la vostra insegna: su quali asset avete scelto di puntare per superarlo?
Premessa: sappiamo molto bene che ci aspetta una sfida importante e difficile. Entriamo in un’arena dove la concorrenza è agguerrita, strutturata e di alto livello. Fatte queste dovute considerazioni, la tigella è un prodotto semplice e versatile, ovvero in grado di piacere un po’ a tutti, dagli adulti ai bambini. Puntiamo dunque su questo aspetto e il nostro format è stato pensato come luogo di convivialità, ideale per una cena in famiglia, in coppia e con un gruppo di amici. Abbiamo deciso di mantenere uno standard elevato delle materie prime, così come prestare molta attenzione all’ambiente e al servizio offerto. Siamo consapevoli che oggigiorno il cliente non si accontenta più solamente della qualità del cibo che consuma (e che dà per scontata), ma desidera vivere una bella esperienza sotto più punti di vista.
Puntate anche sull’esperienza maturata?
Tutta la nostra attività è cominciata con un bar tavola calda situato di fronte all’Università di Pavia e poi, passo dopo passo, abbiamo aperto anche altre attività ristorative. Nei vari locali abbiamo svolto qualsiasi mansione: dalla caffetteria alla cucina, dal servizio in sala al lavaggio dei piatti, dalla gestione finanziaria a quella del personale. Con il passare del tempo ci siamo accorti della necessità di dare al nostro lavoro una maggiore connotazione imprenditoriale, che ha comportato il fatto di delegare l’operatività quotidiana.
Individuate nelle piadinerie ed enoteche dei competitor?
Rispettiamo questi format, ne siamo noi stessi dei clienti soddisfatti, ma detto questo crediamo che il posizionamento di Tigella Bella sia differente. Chi sceglie un’enoteca desidera principalmente consumare un buon calice di vino, mentre il cibo lo mette in secondo piano. Nella piadineria, dal canto suo, si ricerca in genere un’esperienza veloce e accessibile. La nostra insegna, invece, nasce come alternativa alla pizzeria, alla trattoria o all’osteria. Il cliente, nel nostro caso, cerca un pasto seduto al tavolo, per un’esperienza informale, alla portata di tutti, consumando non tanto qualcosa di diverso, ma piuttosto in modo diverso.
Per fare chiarezza: voi siete fornitori dell’insegna e, al tempo stesso, proprietari di alcuni locali?
La società che ha creato l’insegna è del nostro socio Filippo Basso il quale, attraverso la stessa azienda, produce tigelle e gnocco fritto che distribuiamo nei vari punti vendita. Dopo la prima inaugurazione di Pavia abbiamo capito che era profittevole unire il rispettivo know-how, da parte nostra relativo all’apertura e gestione dei locali, mentre la sua competenza si lega più specificatamente alla produzione e forniture dei locali. Oggi l’insegna appartiene all’80% a me e mio marito.
Il vostro ingresso in società ha comportato anche una rivisitazione dal layout. Su quali elementi avete centrato tale progetto?
Insieme all’architetto Andrea Langhi (che segue da alcuni anni la progettazione del format Tigella Bella), si è voluto da subito realizzare una location accogliente e informale. Una sorta di rivisitazione di un’osteria contemporanea in grado di dare spazio alla convivialità. Ciò ha dunque comportato lunghe sedute e tavoli social per accogliere gruppi nutriti di clienti. Ci piace poi essere considerati “instagrammabili”. Fare uno scatto al piatto con il proprio smartphone è una delle grandi tendenze del momento. In quest’ottica, abbiamo creato dettagli in grado di catturare l’attenzione di chi varca l’ingresso dei nostri punti vendita. E non per niente l’insegna che campeggia nel locale, insieme alla portata “assetta12salse”, sono i due elementi più fotografati dalla nostra clientela.
Chi fotografa non è detto che conosca bene la tigella, che non è così nota come altri panificati…
Qui si pone l’attenzione su una delle maggiori difficoltà che riscontriamo da quando ci siamo imbarcati in questa avventura. Fuori dall’Emilia Romagna, in effetti, la preparazione è praticamente sconosciuta, a differenza del gnocco fritto che abbiamo deciso di inserire in menu perché affine alla tigella. È compito nostro aumentare la conoscenza del prodotto e allora entrano in gioco il marketing e la comunicazione attraverso i quali raccontiamo ogni singola specialità cucinata e le sue caratteristiche.
A Milano, il giovedì avete lanciato il “no limits dinner”: 20 euro e si mangia tutto ciò che si vuole. Sembra un “all you can eat”… non temete questa associazione?
È vero che il concetto di “all you can eat” si lega spesso a un concetto di scarsa qualità. Nel nostro caso, però, l’idea del prezzo fisso su un menu senza limiti nasce dalla volontà di offrire al cliente l’opportunità di assaggiare in una sola serata tutti i nostri sette menu.
La selezione delle materie prime è da voi rivendicata come valore aggiunto di Tigella Bella: in che modo lo comunicate ai clienti?
Il vantaggio di avere più locali è anche quello di riuscire a selezionare centralmente i prodotti che arrivano da diverse parti d’Italia. Prodotti che, altrimenti, un solo punto vendita non riuscirebbe a ottenere per evidenti questioni logistico-finanziarie. Investiamo molto nella formazione del personale affinché sia sempre pronto a raccontare al cliente cosa gli viene proposto. Abbiamo anche rifatto tutta la grafica dei menu per far sì che non fosse statico, risultando un semplice elenco di ingredienti, bensì uno strumento in grado di spiegare come vengono preparate le ricette. Un cliente ben informato è un cliente fidelizzato.