Cocciuto è la storia di due imprenditori che decidono di unire la rispettive expertise e lanciarsi in una sfida avvincente, creando un’insegna foodservice dal nome curioso e dalla cucina variegata. I due protagonisti sono Michela Reginato, 44 anni, e Paolo Piacentini, 51 anni (già noto designer nell’ambiente ristorativo).
Il primo locale viene inaugurato ad agosto 2018 a Milano, in via Bergognone, e il progetto parte con il piede giusto, tanto che in poco tempo la neonata insegna si trasforma in una catena, scegliendo di ampliarsi a Milano con nuove aperture, alcune già operative, altre in arrivo.
Se il capoluogo lombardo rimane il quartier generale, il progetto si appresta a raggiungere anche Catania con l’inizio della prossima estate. E, nel frattempo, i due soci stanno pianificando lo sbarco a New York, dove tutto sembra potersi realizzare entro quest’anno. Per saperne di più, Foodservice ha incontrato Michela Reginato per conoscere le caratteristiche del format, le regole su cui verte e i futuri step che si intendono compiere.
Michela, come siete riusciti in poco più di un anno a trasformare Cocciuto in una catena?
La ragione di fondo è quella che accomuna a me e a Paolo Piacentini, ovvero la passione per il cibo di qualità e il desiderio di imbarcarci in un’avventura con il sapore di sfida avvincente. Credere in questi due fattori ha favorito lo sviluppo. Ancora prima di aprire in via Bergognone, avevamo già chiuso l’accordo per tre location che poi, di volta in volta, sono state inaugurate.
Milano: era necessario cominciare da qui?
Assolutamente sì. La scelta di avviare il progetto in questa città non è casuale, perché è un luogo imprescindibile per chi progetta un’attività imprenditoriale come la nostra. Milano è diventata una delle maggiori capitali europee, soprattutto in tema di ristorazione, e il suo appeal le permette di attrarre grandi investitori. Per questo siamo aperti all’ingresso nel nostro capitale di eventuali soci, a patto che non abbiano intenzione di stravolgere la mission di base di Cocciuto.
Entriamo nei dettagli: prossime aperture?
A Milano, alle attuali tre, se ne aggiungeranno due: la prima verso aprile in via Procaccini, la seconda a inizio 2021 in zona Cordusio. Con l’inizio di questa estate invece esordiremo a Catania.
Puntate l’attenzione anche su altre città in Italia?
Per il momento no, perché ci preme sconfinare e aprire Cocciuto all’estero, che per noi significa New York. È la città dei sogni e abbiamo già individuato un paio di possibili location, così come trovato alcuni soci locali disposti ad appoggiare il progetto. E non solo: siamo in contatto con un distributore che garantisce l’import delle materie prime di qualità. Intendiamo portare a compimento questo progetto entro la fine dell’anno in corso. Successivamente pensiamo di indirizzare l’interesse verso l’esportazione del marchio Cocciuto nei paesi del Nord Europa.
Rimanendo in Italia, non vi spaventa la forte concorrenza che, soprattutto a Milano, caratterizza il settore delle pizzerie di qualità?
Lo abbiamo messo in conto da subito, ma pensiamo di essere competitivi perché sfoggiamo continuamente idee innovative, anticipando le esigenze del cliente, così come riteniamo assolutamente necessario lavorare e prestare la massima attenzione per garantire l’efficienza di tutti i reparti di un punto vendita, dal personale di sala ai fornitori selezionati, dalla ricerca accurata degli ingredienti fino agli aspetti su cui si fonda il design, che valorizza il layout di ogni singola location.
Quando scegliete una location, quali sono gli elementi che ritenete prioritari?
Innanzitutto studiamo bene la zona della città e quelle che sono realmente le potenzialità che essa può offrire. I passaggi successivi riguardano invece dimensione, vetrine ed eventuale presenza di un dehor esterno.
Lo stile che avete adottato che orientamento segue?
Ci piace affermare che ci ispiriamo a un classico genere internazionale. Privilegiamo, quindi, l’eleganza urban chic, dove spiccano accoglienti sedute, punti luce identificati in maniera studiata e strategica e resi efficienti senza risultare troppo aggressivi. Inoltre, i tavoli sono posizionati per favorire al massimo la convivialità tra i commensali.
Sul servizio di delivery che opinione avete?
Lo abbiamo attivato da poco, esattamente dallo scorso ottobre, grazie alla collaborazione con Carlsberg. Inizialmente non ci convinceva perché temevamo che il prodotto giungesse nelle case dei clienti in condizioni non ottimali. Ci sbagliavamo e, se in un primo momento lo abbiamo usato per le pizze, con l’inizio di questo nuovo anno ci siamo attrezzati per estenderlo anche ad alcuni selezionati piatti della cucina. Detto questo, ci fa sempre più piacere che il cliente venga a gustare le ricette direttamente nei nostri punti vendita, invece di farsele recapitare a domicilio.
Se diciamo “pizza gourmet”, cosa dite?
Che questa definizione non ci appartiene e nulla ha a che fare con il nostro stile di pizza. Per noi questo piatto rimane un prodotto popolare, che vogliamo elevare in termini di qualità attraverso impasti, farine, materie prime e il contributo vitale di ricerca, creatività e passione.
Oggi il foodservice, così come gli altri canali dell’Horeca, ha l’obbligo di essere eco friendly. Voi lo siete?
Riteniamo proprio di sì. Innanzitutto, scegliamo la maggior parte dei nostri ingredienti a km 0 (con una buona quota di referenze biologiche), in modo da valorizzare i piccoli produttori locali. È un discorso sostenibile quello che poi concerne la selezione dei fornitori, reclutati anche in base ai loro imballaggi e mettendo in prima fila coloro che non usano la plastica. Aggiungiamo il fatto di aver optato per forni elettrici e non a legna, in maniera da ridurre l’impatto ambientale, oltre a garantire uniformità di temperatura e cottura.
Cocciuto è pizzeria e al tempo stesso ristorante di cucina tradizionale. Intendete sviluppare altri tipi di format?
La nostra idea è continuare a espanderci. Non nascondiamo che abbiamo pensato a un eventuale punto vendita dedicato solo all’asporto, anche se per il momento rimane una semplice idea e nulla di più. C’è però da evidenziare che, con l’apertura del terzo locale in via Melzo, la cucina è variata, dando più spazio a ricette a base di ingredienti etnici, allineandoci a quel genere culinario che si rispecchia nello “street food”.