Abbiamo raggiunto Pietro Nicastro, CEO di Lowen-Com (proprietaria del marchio Löwengrube), che ci ha raccontato come stanno reagendo e impiegando lo stop forzato i suoi affiliati.
Come ha gestito l’emergenza con gli affiliati?
Ovviamente ci siamo subito organizzati per condividere con tutta la rete dei nostri locali Löwengrube le istruzioni per gestire al meglio l’affluenza dei clienti e fare cassa di risonanza al pubblico sulle buone pratiche da osservare per il contenimento del contagio. Quando poi la situazione si è aggravata e il Premier ha firmato il primo decreto che applicava la zona rossa a Lombardia e altre 14 province, prima che lo estendesse a livello nazionale e limitasse le attività dei pubblici esercizi, abbiamo deciso di chiedere subito ai nostri affiliati di chiudere i locali, perché abbiamo ritenuto che la salute dei dipendenti e dei clienti fosse più importante di qualsiasi altra cosa.
Mai come oggi occorre essere reattivi e utilizzare questo tempo per prepararsi alla ripresa
Subito in questi primi giorni, dopo la chiusura, ci siamo organizzati con riunioni per avere ben chiaro lo scenario che ci si prospetta nei prossimi immediati mesi e riorganizzare le attività necessarie per l’apertura, per essere subito operativi non appena, speriamo presto, potremo riaprire. Ne approfittiamo anche per anticipare lavori che normalmente gestiamo in altri periodi dell’anno: a Limite sull’Arno, per esempio, stiamo facendo la manutenzione dei locali che normalmente facciamo ad agosto, in modo da non dover più chiudere un giorno quando finalmente riusciremo a riaprire.
Ma dobbiamo essere lucidi e renderci conto che questa è una crisi dai contorni indefiniti. È più simile a una guerra. Credo che difficilmente la supereremo in 15 giorni come ci dicono.
A ogni modo dobbiamo reagire con le azioni e questo deve essere un tempo utile per concretizzare dei progetti. Per noi di Löwengrube significa per esempio valutare a fondo le azioni che ci permetteranno di applicare in modo concreto e quotidiano un approccio sistemico alla sostenibilità. Non è un caso che dopo la chiusura abbiamo deciso di gestire le scorte di cibo con donazioni ad associazioni del territorio, Caritas e Banco Alimentare, o alle famiglie dei nostri dipendenti, trovando anche in questo l’assoluta condivisione da parte di tutti gli affiliati.
Teme più un rischio di liquidità, operativo o di reputazione?
Ovviamente il rischio più alto è quello della liquidità. Oggi vale l’articolo quinto: chi ha i soldi ha vinto. Sarà l’occasione per i grandi di fare spesa.
Nell’operatività siamo ovviamente limitati per via della chiusura dei locali. Mentre tutti i collaboratori degli uffici Löwengrube, in caso di necessità, possono operare da casa. Da oggi sono proprio tutti a casa. Stiamo facendo utilizzare le ferie per poter accedere, in caso di necessità, agli ammortizzatori sociali e garantire sicurezza ai nostri dipendenti.
Da 1 a 5 quanto pensa che COVID-19 inciderà sul business Löwengrube 2020?
Moltissimo. 10, direi, in generale. Per quanto ci riguarda, questa crisi si verifica proprio in un anno fondamentale per la nostra crescita. Come sapete, pochi mesi abbiamo firmato un accordo con AB InBev proprio in funzione delle numerose aperture in programma dal 2020 e per i prossimi 5 anni.
Intravede già dei mutamenti radicali di cui dovrà tener conto il mondo del fuori casa usciti dall’emergenza?
Il mutamento c’è già stato, con l’aumento della delivery. Secondo me – almeno mi auguro – quando questa crisi sarà finalmente passata la gente avrà voglia di tornare a vivere e stare fuori, di convivialità. E, siccome questo è il mood dei nostri locali Löwengrube, se devo guardare al bicchiere mezzo pieno questo sarà un vantaggio per il nostro format.