Regna la preoccupazione, ma anche la volontà di rialzare la testa. I sentimenti di Luca Guelfi oscillano tra inquietudine e ottimismo. Sicuramente l’imprenditore milanese ha deciso di non assistere passivamente al drammatico stallo che sta immobilizzando la ristorazione. E così, dopo avere chiuso un mese e mezzo fa tutti i suoi otto ristoranti di proprietà, da venerdì scorso è tornato a fare parlare di sé inaugurando la sua prima ghost kitchen, chiamata ‘Via Archimede, Gastronomia di Quartiere’. Una cucina fantasma (il cliente non la vede), ma assolutamente reale ai fornelli e che agisce in un luogo dove non c’è somministrazione al tavolo. In cucina dunque, si preparano piatti prelibati realizzati con ingredienti freschi, che si ordinano al telefono. Dopodiché, un addetto della ghost kitchen effettua la consegna a domicilio, stando ben attento a osservare il distanziamento sociale. Il cliente paga solo a consegna effettuata, in contanti o con pos.
Le ricette proposte da Via Archimede si rifanno alla classica tradizione culinaria italiana, leggermente rivisitata in chiave moderna dai due chef Emanuele Gasperini e Marco Fossati, entrambi già vicini a Guelfi in altri progetti ristorativi.
La ghost kitchen nasce per necessità economica e sta già dando risultati incoraggianti e interessanti, come lo stesso Guelfi ci racconta al telefono.
Luca, la Ghost Kitchen in Via Archimede è appena nata. Hai già i primi riscontri?
Sì e vanno oltre le aspettative. La risposta dei milanesi è stata immediata, tanto da avere già stilato un primo identikit di cliente medio: adulto, con più di 50 anni e amante del buon cibo. Si tratta di un pubblico diverso da quello giovanile (più abituato ai delivery classici), che desidera parlare e confrontarsi con lo chef prima di ordinare. Per questo l’ordine si fa al telefono, proprio per garantire un maggiore senso di vicinanza tra le parti. Venendo ai numeri, stiamo ricevendo in media una cinquantina di ordini al giorno che, come detto, sono superiori alle previsioni. L’attuale andamento della ghost kitchen mi sta fornendo utili indicazioni che mi spingono a credere che questo modello di ristorazione possa diventare un business stabile anche in futuro.
Sfogliando il menu sulla pagina Instagram di Via Archimede, si nota che i prezzi dei piatti sono abbastanza contenuti. Come mai questa scelta?
Perché prevedo un futuro economico purtroppo disastroso, dove molta gente avrà una capacità di spesa molto ridotta rispetto a quella che aveva prima che il Covid bloccasse tutto.
Nel frattempo però si stanno ponendo delle ipotetiche basi per la cosiddetta Fase 2 anche per la ristorazione. Che opinione hai in merito?
Se fosse per me non la farei nemmeno e passerei direttamente alla Fase 3. Con questo intendo dire che il nostro settore dovrà riaprire solo nel momento in cui tutte le condizioni di sicurezza saranno effettivamente osservate e garantite, vale a dire quando tutte le persone avranno fatto il tampone, non ci saranno restrizioni nei locali e i clienti potranno tornare a sedersi vicino l’uno all’altro.
Ovviamente ci stai pensando: tu quando pensi di riaprire i tuoi ristoranti?
Spero e mi auguro a settembre. Non credo che, prima di quella data, nella gente sia sparita la paura del contagio. Recuperiamo prima tranquillità e serenità, poi procediamo tutti uniti verso la normalità. Io stesso tornerò al ristorante solo nel momento in cui avrò l’assoluta garanzia di muovermi in un contesto sociale totalmente controllato e con zero rischi di essere contagiato dal coronavirus.
Con il progetto ghost kitchen di Via Archimede punti esclusivamente su ricette della cucina italiana. Stai avendo problemi a reperire le materie prime?
Fortunatamente no, riesco davvero a trovare tutto. È però vero che i tempi di consegna sono un po’ più flessibili perché i fornitori non hanno a disposizione l’intera forza lavoro. Succede quindi che gli ingredienti programmati, ad esempio, per le 8 del mattino possano arrivare con un paio di ore di ritardo. Ma questi non sono problemi irrisolvibili. Il mio grattacapo riguarda i miei 60 dipendenti. Se non si liberano al più presto gli ammortizzatori sociali, non so proprio come riuscirò a tenerli tutti. Al contempo mi batterò perché nessuno di loro perda il lavoro. Ma per questo ho bisogno che lo Stato mi aiuti, almeno a livello fiscale e avviando al più presto l’inizio della cassa integrazione.
Matteo Cioffi