Le luci accese nei ristoranti chiusi per protestare contro la politica, lenta e cieca. Sono passati pochi giorni dall’iniziativa del 28 aprile, quando, alle 21 di sera, alcuni pubblici esercizi, in rappresentanza di tutti i bar, pasticcerie, caffè, trattorie, osterie e ristoranti d’Italia, hanno inscenato un “flash mob” per sensibilizzare ancora una volta le Istituzioni sulla situazione in cui versa il mondo del fuori casa. Ma la politica non risponde, per cui Fipe – Confcommercio, per bocca del suo Direttore Generale Roberto Calugi, lancia quattro critiche al governo su quanto fatto fino a ora e cinque proposte per venire incontro alle esigenze del mondo della ristorazione e dell’accoglienza.
SI CHIEDE UN’INVERSIONE DI ROTTA
«A due mesi dal blocco delle attività – dichiara Calugi –, solo l’1,4% delle imprese italiane della ristorazione è riuscito ad accedere al credito bancario garantito dallo Stato e questo, insieme al mancato arrivo ai lavoratori dei soldi degli ammortizzatori sociali, è il motivo per cui il clima di sfiducia e preoccupazione si sta diffondendo a macchia d’olio. Ciò che vorremmo è che il Governo dimostrasse quell’attenzione e quell’orgoglio per il comparto della ristorazione e del turismo italiani. Abbiamo messo sul tavolo le nostre richieste e ci aspettiamo risposte puntuali nel merito. Oggi sappiamo solo che non apriremo fino al primo giugno, niente sappiamo di aiuti concreti e a fondo perduto per le nostre imprese».
Ecco, quindi, le quattro critiche e le cinque proposte di Fipe al Governo.
LE CRITICHE
- Attualmente, su un campione di 780 imprese del mondo della ristorazione, dei catering e dei locali notturni, solo 10 attività sono riuscite ad ottenere un prestito dalle banche, mentre il 36% degli imprenditori si è sentito rispondere che ci vorranno almeno altre 4 settimane.
- Il secondo problema è rappresentato dagli ammortizzatori sociali: ancora nessun lavoratore ha ottenuto alcuna forma di sostegno al proprio reddito.
- Preoccupa anche il tema degli affitti, affrontato attraverso il credito d’imposta ma limitatamente al mese di marzo. Così come preoccupano gli adempimenti fiscali che al momento sono stati solo posticipati ma non annullati.
- L’ultimo problema sollevato è quello della riapertura, con la data slittata senza alcun confronto con le associazioni di categoria, ma soprattutto senza che sia stato comunicato alcun piano per la sicurezza sanitaria ed economica delle imprese.
LE PROPOSTE
- Prevedere contributi a fondo perduto per il settore, parametrati alla perdita di fatturato durante le 14 settimane di chiusura.
- Disporre una moratoria sugli affitti e sulle utenze per le aziende e i rami d’azienda.
- Esentare le imprese dal pagamento delle imposte locali e nazionali, in particolare Imu, Tasi e Tari, per il periodo di chiusura.
- Estendere gli ammortizzatori sociali a tutta la durata della crisi, fino al momento in cui le imprese non potranno tornare a operare a regime.
- Predisporre un piano chiaro e condiviso per le riaperture.