La parola osteria è diventata nei tempi moderni un termine abbastanza ampio che descrive un certo modo genuino di fare ristorazione. L’etimologia della parola deriva dal latino hospes (ospite), è da qui che in seguito sono derivati gli antichi termini di oste e ostessa. Le osterie nascono come punti di ristoro nei luoghi di passaggio o di commercio. Se ne trova traccia persino nell’impero romano, anche se è con il medioevo che ne troviamo una prima diffusione. Originariamente molto legata al consumo di vino, diventa presto anche luogo in cui consumare il pasto, ristorarsi e ritrovarsi.
Oggi questi esercizi possono avere caratteristiche diverse, puntare a una più o meno alta qualità del cibo, in ambienti più semplici o più ricercati, anche se alcuni elementi identitari continuano a definirne un dna comune. La genuinità e il legame con il territorio diventano caratteristiche essenziali per questo format, con preparazioni che vanno nella direzione di una cucina quasi sempre locale-regionale. Ecco che allora vediamo Slow Food realizzare tutti gli anni La Guida alle Osterie d’Italia, e restituircene una mappatura specifica. Arrivata quest’anno alla 30ª edizione, quella del 2020 recensisce ben 1.656 locali.
In questi tempi difficili, sospesi, in cui il futuro è tutto da vedere, sono proprio alcuni elementi identitari dell’osteria a renderla vincente e pronta non solo a sopravvivere ma a prosperare nel post-Covid. Vediamoli nel dettaglio:
SEMPLICITÀ
Le ricette della tradizione sono spesso di alto livello e di qualità impareggiabile. Le osterie, tuttavia, sono caratterizzate da una certa semplicità di menu. Pochi piatti, fatti bene e realizzati da chi ne conosce tutti i passaggi. Queste prime riaperture stanno facendo emergere l’esigenza di gestire turni diversi di clientela e di non ammassare personale nelle cucine. Un menù fatto da pochi piatti progettati con semplicità diventa necessariamente un elemento critico di successo.
RASSICURAZIONE
Davide Oldani, patron del D’O di Cornaredo, da anni investe nel concetto di “cucina pop”. La cucina pop rassicura, avvicina le persone, si sa da chi è fatta e preparata, si lega alle tradizioni. Soprattutto nei momenti di crisi viene spontaneo attaccarsi alla storia, a quello che si conosce, a quello che non spaventa. Pensiamo a quella che viene definita l’osteria più antica del mondo, Al Brindisi di Ferrara, citata nel Guinness dei Primati, a cui è andato il titolo di “Locale Storico d’Italia”. Nel post-Covid si avrà voglia di posti rassicuranti e dall’aspetto familiare, proprio come le osterie della tradizione.
PROSSIMITÀ, LEGAME CON IL TERRITORIO
Per effetto del lockdown è diventato sempre più comune affidarsi ai servizi sotto casa. L’osteria, che spesso nasce come luogo di ritrovo di quartiere o di paese, può sfruttare questo elemento di prossimità per sopravvivere al meglio. Il forte legame con il territorio agevola in un momento in cui non solo progettare ma anche solo pensare a viaggi esotici diventa troppo nella mente di tutti noi.
Che sia per semplicità, rassicurazione o prossimità, non vediamo l’ora di vedere le osterie d’Italia funzionare a pieno regime, senza paure, senza restrizioni, con alcuni assi nella manica importanti da giocare per continuare a fare bella l’Italia.
di Guia Beatrice Pirotti