Forse non tutti sanno che in Irlanda il lockdown dei pub prosegue da più di sei mesi. Uno stop forzato che vale per i cosiddetti wet pub, locali che offrono solo bevande (alcoliche, of course) e non cibo, impossibilitati a riaprire le porte al pubblico come deciso dal Governo nazionale. Dalla scorsa metà di marzo il cartellino con su scritto ‘closed’ ondeggia appeso alle vetrate di ingresso di questa storica tipologia di locali (se ne contano circa 3500 in tutto il paese). Il tutto ovviamente a causa del Covid, in quanto i pub dove non si mangia sono ritenuti luoghi a maggiore rischio contagio. Vero o falso che sia, la decisione di tenere tutto chiuso ha sollevato parecchie critiche se si pensa che l’Irlanda è, ancora oggi, uno dei paesi europei meno colpiti dalla malattia. Da inizio pandemia si contano poco meno di 1800 decessi totali, su un totale di oltre 31 mila contagiati da coronavirus.
La chiusura del wet pub è vissuta come dramma nazionale. Per molti cittadini irlandesi è inconcepibile e insopportabile vedersi negare l’accesso in quello che è considerato il tempio sacro della convivialità, del buonumore e dello scanzonato consumo di birra.
Hanno invece riaperto lo scorso 29 giugno gli altri pub e ristoranti, ovvero format che includono il servizio di somministrazione di food al tavolo. Una riapertura avvenuta seguendo rigide regole anti Covid, come l’osservanza del distanziamento sociale (2 metri) e la limitazione del tempo di permanenza nel locale che non deve superare i 105 minuti, così come obbligatorio da ogni gestore abbassare la serranda alle 23:30 e non oltre.
I wet pub non hanno dunque potuto usufruire di tale deroga e ora si ritrovano inevitabilmente in ginocchio. Secondo uno studio condotto dalla Drink Industry Group of Ireland (Digi), il 56% di questa tipologia di locale è a rischio fallimento, con ripercussioni sull’occupazione che indicano la possibilità che il 78% dei lavoratori possa ritrovarsi disoccupato. Cifre allarmanti come lo sono quelle espresse dalla Fipe in Italia. L’associazione che rappresenta gli esercenti pubblici del nostro paese dichiara che, nel solo mese di agosto, sono stati registrati 300 mila posti di lavoro in meno rispetto al 2019, mentre l’Istat, a sua volta, parla di un 67% di bar e ristoranti indirizzati verso una chiusura definitiva.
Tornando al sondaggio sulla situazione dei pub in Irlanda, dalle risposte è emerso inoltre che, per il 72% degli interpellati, risulta urgente che il Governo intervenga con aiuti economici al settore. Per il momento Dublino ha stanziato 16 milioni di euro proprio a favore dei wet pub, sperando di dare un po’ di ossigeno ai titolari di questi bar che, comunque sia, rimarranno ancora chiusi per poco, ovvero fino al 21 settembre quando il blocco dovrebbe cessare e sarà consentito riaprire. Bisognerà vedere quanti saranno in grado di tornare sul mercato dopo sei lunghi mesi di digiuno da fatturato e di debiti accumulati.