La resilienza è un concetto studiato in campi diversi come, per esempio, la psicologia, l’ecologia, o l’informatica. La resilienza delle imprese è diventata molto attuale soprattutto dopo la crisi economica del 2008. Le due prospettive principali offerte dalla letteratura organizzativa vedono la resilienza, da una parte, come la capacità di assecondare le situazioni avverse e sapersi riprendere quando queste situazioni passano o si modificano, ma nello stesso tempo anche come la capacità di sviluppare nuove abilità e creare nuove opportunità nel fronteggiare la crisi. Il Covid ha riportato il tema alla ribalta, soprattutto nel foodservice. Dopo mesi impegnativi per il settore, viene da chiedersi: “cosa salverà i ristoranti?” – o ancora – “ci sono variabili di resilienza o driver sui quali vale la pena di investire?”.
Sono almeno quattro i pilastri di resilienza che interessano il settore:
Contaminazioni: il foodservice e il retail si contaminano e si influenzano a vicenda continuamente. Se le aziende di produzione si affacciano sul mondo retail – pensiamo alla Thun che apre i caffè – gli spazi ristorativi nascono all’interno dei supermercati, la cucina stellata si mischia e si può trovare dove facciamo la spesa tutti i giorni. Mi viene in mente la bella iniziativa di Elisenda all’Esselunga, la linea di pasticceria firmata dai fratelli Cerea. Le contaminazioni fanno bene alla resilienza e poter trovare il foodservice in ogni spazio, in ogni dove della vita quotidiana, senza distinzioni preordinate agevola lo sviluppo del settore.
Sostenibilità: immaginare un futuro senza toccare il punto della sostenibilità non è cosa fattibile. Aumentano le certificazioni, si hanno le B Corp anche nella ristorazione. Si sta attenti agli ingredienti, alla riduzione degli sprechi. Il ristorante resiliente è quello che guarda all’ambiente e al pianeta.
Tecnologia (per creare servizio): senza tecnologia è difficile immaginare il domani. Chi ne ha fatto un suo cavallo di battaglia, riuscirà sicuramente meglio a fronteggiare gli shock esterni. Ecco che catene come Domino’s, da sempre impegnate sul fronte della tecnologia, riescono anche a fare servizio per il cliente. Pensiamo alla possibilità di creare la propria pizza e di vederla prendere vita sullo schermo con il Pizza Builder, o a quella di ordinare online, di pagare online o alla consegna, di seguire in tempo reale lo stato del proprio ordine. Fino ad arrivare all’iniziativa della contactless delivery, lanciata sempre da Domino’s, in tempo di Covid.
Adattabilità: inventare sempre e sapersi adattare con decisioni veloci, ecco da dove arriva la resilienza. Miscusi, per esempio, apre la Bottega; molti operatori hanno implementato anche il canale delivery in tempi rapidissimi; ogni giorno si studiano soluzioni creative per evolversi e resistere.
Una celebre frase di Muhammad Ali recita: “sul ring o fuori, non c’è nulla di male nel cadere. È rimanere a terra che è sbagliato”. Allora occorre investire in resilienza e sapersi rialzare.
di Guia Beatrice Pirotti