Niente sarà più come prima. È una delle poche certezze di questa nuova normalità post Covid-19 in cui consumatori e operatori del settore horeca cercano di lasciarsi alle spalle i duri mesi della quarantena. Chi dandosi allo shopping compulsivo. Chi assaporando un’imprevista celebrità sui social. E meritandosi un’inedita stella Michelin.
SHOPPING VENDICATIVO (E RIVENDICATIVO)
Quasi ad esorcizzare i mesi bui della pandemia i consumatori asiatici sembrano sempre più orientati, in particolare in quell’oasi del consumismo che è Hong Kong, a uno shopping schizofrenico, sovrabbondante, vendicativo e rivendicativo di una nuova normalità post Covid. Lo evidenzia PRNewswire citando i dati di uno studio di K11 Group, secondo cui a beneficiare di questi comportamenti compulsivi sono sempre di più locali e ristoranti: gli afternoon tea dei grandi alberghi, per esempio, sono presi d’assalto, i format con spazi all’esterno sono sempre sold out ed è difficile trovare posto soprattutto nei nuovi locali che combinano buon cibo ed esperienzialità, con mostre, installazioni, attività da svolgere in sicurezza per adulti e bambini.
A NEW YORK SINO AL 10% IN PIÙ NEL CONTO
Si chiama Covid-19 Recovery Charge il sovrapprezzo, sino al 10%, che i ristoratori newyorkesi potrebbero essere autorizzati ad applicare ai pasti consumati in loco per un periodo che può arrivare sino a 90 giorni, fintanto che non riusciranno a tornare ad essere pieni come un tempo. Stato di emergenza o meno, insomma, sedersi al ristorante a Manhattan potrebbe costare di più, se diventerà definitiva la proposta del New York City Council che ha già intrapreso l’iter di approvazione finale. Ne parla l’edizione on line della CNN, evidenziando che questo ricarico sul conto non va a sostituire la mancia sostanzialmente obbligatoria per lo staff. Va meglio a chi sceglie take away o delivery, ai quali la sovrattassa non si applica.
PAGNOTTE CON MOLTI FOLLOWER
Segreti, consigli della nonna, sperimentazione. C’è tanto dietro un pane perfetto, realizzato nel forno di casa. E ora ci sono anche migliaia di follower, per chi durante la quarantena ha affinato l’arte della lievitazione o ci si è buttato per la prima volta. Tanto che il South China Morning Post ha stilato l’elenco dei “panificatori da tenere d’occhio”, in Asia e negli Stati Uniti, definendoli “influencer che hanno trasformato la preparazione del pane in un’arte”. Arte che, dicono molti degli intervistati, ha sempre meno a che fare con la cucina e sempre più con le emozioni: «Per fare un buon pane serve un alto grado di concentrazione e questo aiuta a scaricare la tensione e far passare ansia e preoccupazione», sostengono in molti. E altri dichiarano di condividere sui social le loro creazioni per «vedere la felicità che cresce negli occhi di chi prepara, come il pane che aumenta in forno».
IN FRANCIA IL PRIMO STELLATO GLUTEN FREE
Niente pane, per lo meno non quello tradizionale, da La Fenière, il primo ristorante 100% gluten free a ricevere la stella Michelin. Fondato nel 1975 dalla nonna della chef attuale, Nadia Sammun, La Fenière si trova a Lourmarin, nel cuore dell’Alta Provenza e propone un menu completo senza glutine, lattosio o zuccheri raffinati. In cui tuttavia il gusto non manca: i prodotti stagionali arricchiscono le ricette locali, con qualche passo nella sperimentazione. «Essendo io stessa celiaca, non potevo pensare di fare questo mestiere privando gli altri del piacere di mangiare», dice la chef.