Il coronavirus corre purtroppo veloce, ma non frena la sete di birra degli italiani. Stando a quanto sostiene un monitoraggio condotto dal Cib (Centro Informazione Birra, l’osservatorio trimestrale istituito a fine agosto da Assobirra) e la società di ricerca Bva Doxa, nel mese di ottobre da poco concluso ben nove consumatori su dieci hanno acquistato almeno una bottiglia di lager & co. Indice di un gradimento decisamente elevato, nonostante la difficoltà della filiera brassicola alle prese con un mercato di riferimento come l’Horeca fortemente penalizzato dalle nuove misure introdotte per cercare di arginare i contagi da coronavirus. La nuova ondata e relative disposizioni restrittive hanno gettato acqua gelida sul morale degli attori dell’out of home che avevano riacquisito un barlume di fiducia grazie a un soddisfacente periodo estivo, e che oggi si ritrovano a navigare a vista. Assobirra ritiene che le nuove norme applicate al fuori casa, seppure per il momento a livello regionale, possano causare un ulteriore danno economico al settore della birra. Danno stimato a 5,7 miliardi di euro.
C’è il rischio allora di aprire un’enorme voragine che inghiottirebbe buona parte della filiera. Per Italgrob, in quest’ottica, la situazione è a un passo dall’insostenibilità anche per molti distributori e, l’associazione che li rappresenta, ritiene che il 45% delle realtà distributive rischia ora un ulteriore contraccolpo economico. Che potrebbe essere questa volta fatale. ‘’Occorrono piani di rilancio eccezionali e interventi strutturali – ha invocato Dino Di Martino, direttore generale di Italgrob –. Auspichiamo un coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, anche perché soltanto con piani e progetti comuni potremmo intercettare le risorse del Recovery Fund e indirizzarle laddove servono realmente. Ad esempio, condividiamo pienamente il lavoro portato avanti da Assobirra per richiedere una riduzione delle accise sulla birra (leggi qua): siamo convinti che potrebbe senz’altro essere uno degli strumenti da mettere in campo per sostenere il canale Horeca e incentivare, al contempo, anche il consumatore finale’’.
La birra, come altre categorie merceologiche, si trova dunque orfana del business generato nei bar, dove avviene il 36% dei consumi della bevanda. L’approdo oggi possibile rimane quasi soltanto quello della grande distribuzione, come appunto ribadisce lo studio che evidenzia anche come, di fronte allo scaffale, il consumatore italiano tende a dirigere la sua scelta di acquisto secondo il colore della birra (55%), provenienza di questa (47%), dando leggermente meno importanza alle caratteristiche organolettiche della bevanda (37%) e al suo stile di appartenenza (30%).
Insomma, ai responsabili del fuori casa in questo momento non rimane che scovare soluzioni in uno scenario molto offuscato e complicato. Una di queste, come appunto ribadisce l’analisi di mercato del Cib, è sicuramente l’e-commerce. Vendere online è oramai un asset su cui riflettere (e possibilmente investire) anche per gli esercenti. I dati proposti dalla ricerca sottolineano una modalità che sta prendendo forma in modo consistente. Attualmente emergerebbe che quasi un italiano su cinque (il 19%) utilizzi il web per comprare birra e che, uno su quattro, ha cominciato ad affidarsi a tale canale proprio durante le prime settimane del lockdown primaverile, al quale nessuno sperava ne sarebbe seguito un altro in questo scorcio finale di anno.