“Benvenuto da McDonald’s, cosa desidera oggi?” La voce, metallica ma dolce quanto basta per ridurre al minimo l’effetto di straniamento, è quella della forma di intelligenza artificiale che decodifica gli ordini dei clienti in fila al drive-thru di 10 fast food della catena, a Chicago e dintorni. Di questo test avveniristico scrive Ron Ruggles su Nation Restaurant News, riportando anche una serie di considerazioni strategiche del Ceo Chris Kempczinski sulla possibilità di implementare l’uso dei robot in sostituzione dell’interazione personale su larga scala.
TEST CIRCOSCRITTI, MA RISULTATI INCORAGGIANTI
“C’è una bella differenza tra il testare questa tecnologia in 10 ristoranti della stessa area geografica e replicarla su oltre 14 mila location in giro per gli Stati Uniti”, spiega Kempczinski. “In ogni Stato ci sono promozioni diverse, menu con ricette che cambiano con una periodicità unica, persino traduzioni linguistiche specifiche che renderebbero la programmazione di questi sistemi, perlomeno, poco immediata“. Da qui la previsione, come orizzonte temporale di riferimento, di almeno cinque anni necessari a una implementazione pressoché automatica dei risponditori robot. Al momento, i risultati registrati dal test sono comunque positivi e incoraggianti: “Il sistema ha già raggiunto un livello di accuratezza dell’85% ed è in grado di farsi carico di quattro ordini su cinque“.
IL PROBLEMA DELL’INTEGRAZIONE UOMO-MACCHINA
Lo sviluppo di questo sistema di raccolta e gestione ordini completamente automatizzato è il principale risultato dell’acquisizione, avvenuta nel settembre 2019, da parte di McDonald’s di Apprente, una società specializzata in tecnologie di conversazione basate sul riconoscimento vocale. Ora, la sfida principale – che può apparire persino paradossale – è frenare il desiderio degli umani di mettere comunque lo zampino nell’operato delle macchine.
“Il problema più grande e anche il maggior ostacolo allo sviluppo del software di Apprente è la presenza e spesso la reazione del personale, al quale deve essere somministrato un programma di addestramento specifico, per lavorare al meglio in sinergia con le macchine. Quel che accade spesso è che non appena un addetto sente un momento di esitazione o una pausa nello scambio cliente-robot, interviene interrompendo la transazione basata sull’AI e passa alla tradizionale gestione manuale», aggiunge il Ceo.
UN REALE RISPARMIO DI TEMPO?
La difficoltà del personale di McDonald’s nel fidarsi delle macchine è risultata così accentuata da limitare il numero di ordini da gestire in automatico, di fatto annullando il risparmio in termini di tempo e risorse per cui il sistema è stato implementato. “Evidentemente il nostro staff è così abituato a mettere davanti ad ogni cosa la soddisfazione del cliente e la riduzione del senso di frustrazione, che piuttosto di correre rischi, alla minima esitazione del computer, c’è l’intervento dell’operatore. Benissimo, ma bisognerà che anche il nostro personale si abitui a delegare. E poi, la tecnologia ha bisogno di essere rodata: se non vediamo cosa accade davvero, non possiamo identificare le eventuali aree di miglioramento“.
COSTI E BENEFICI SULLA BILANCIA
Altra criticità sono i costi di implementazione di questo genere di soluzioni, che possono essere proibitivi: “Un orizzonte di riferimento di cinque anni ci servirà anche per capire se l’adozione di queste innovazioni, con la conseguente riduzione della forza lavoro, genererà risparmi tali da rendere sostenibile la replica di applicazioni di intelligenza artificiale anche su larga scala. Penso in particolare ai nostri 38 mila ristoranti in quasi 115 paesi, di cui il 93% sono gestiti in franchising“, conclude Kempczinski.