L’impatto sulla ristorazione della guerra scatenata da Putin è stato immediato. Già nel pomeriggio del 24 febbraio, primo giorno di attacco in Ucraina, proprietari e gestori hanno iniziato a fare i conti con le disdette, giunte perlopiù dall’estero.
Attualmente è impossibile quantificare le perdite, perché la situazione è fluida e perché si tratta di viaggi in Italia pianificati per la primavera. A mancare saranno soprattutto le comitive e le scolaresche straniere che avevano fissato, dopo due anni di Covid, i primi viaggi di istruzione: la parola d’ordine nelle scuole è “prudenza” perché l’evoluzione della situazione è imprevedibile.
ROMA PERDE I CLIENTI DELL’EST
Oltre a quelle di gruppi e scolaresche, sono diverse le disdette che riguardano i turisti in arrivo dalla Russia e dall’Est Europa. I russi, in particolare, temono di trovare un terreno ostile in Europa e di avere – per effetto delle sanzioni – anche qualche difficoltà nel reperimento di denaro per pagare il conto della vacanza.
“Si tratta di un turismo tendenzialmente altospendente” – racconta Sergio Paolantoni, presidente di Fipe-Confcommercio a Roma– “e quindi la perdita economica diventa rilevante per le attività di ristorazione. Le disdette sono arrivate praticamente subito e ovunque: si sta andando verso un nuovo calo di lavoro, particolarmente pesante dopo i due anni di pandemia. Oltre alla Russia, tutta la zona dell’Europa orientale sta cancellando i viaggi e in questo caso noi ristoratori possiamo davvero far poco. Confidiamo nella diplomazia e nel buon senso”.
Intanto, per esprimere la solidarietà della categoria al popolo ucraino sotto assedio, Fipe Roma ha promosso presso i ristoranti degli associati l’inserimento di un piatto della cucina ucraina nei menu della capitale.
Sotto le Due Torri si lavora perlopiù nel fine settimana, perché negli altri giorni il numero di coperti lascia ancora a desiderare. Con l’invasione dell’Ucraina, diversi ristoranti segnalano cancellazioni non solo dall’Est, ma anche dal Nord Europa.
“Il lavoro è rallentato“, evidenzia Vincenzo Vottero, presidente dei ristoratori di Ascom Bologna, “e la contrazione risulta abbastanza significativa non soltanto tra i turisti, nuovamente in calo dopo la ripresa parziale delle ultime settimane, ma anche tra i bolognesi. Tutti siamo preoccupati per quel che accade in Ucraina e per le conseguenze che questa guerra potrebbe determinare in Europa. E le preoccupazioni limitano le uscite dei nostri clienti”.
Vottero evidenzia comunque che i ristoratori legati al turismo organizzato, quelli che lavorano con i gruppi, potrebbero soffrire maggiormente. “Il calo comunque riguarda sia il turismo a budget limitato sia quello altospendente”, afferma lo chef e imprenditore.
MILANO, SITUAZIONE INVARIATA
Da Milano, invece, non giungono particolari novità, forse anche grazie alla settimana della moda appena conclusa e che ha portato, con la complicità della riduzione dei contagi, un certo ottimismo all’ombra del Duomo. “Dopo un mese di gennaio a dir poco drammatico, febbraio è stato più brillante e la situazione del lavoro è sensibilmente migliorata”, afferma Carlo Squeri, segretario di Epam-Associazione provinciale milanese pubblici esercizi (Confcommercio).
Certamente la guerra fa paura, ma per il momento non vengono segnalate disdette, anche se difficilmente arriveranno compratori russi e ucraini in città per i prossimi appuntamenti fieristici (il primo dei quali, dal 13 al 15 marzo, è ancora legato alla moda con le fiere Micam, Mipel e TheOne Milano). L’altra incognita, precisa Squeri, è quella del conto energetico, che già sta pesando sulle casse della ristorazione come di molte altre attività.
“Ci sono poi notevoli differenze tra città e provincia. Quest’ultima ha lavorato abbastanza bene anche nei mesi precedenti con la clientela di prossimità e inoltre ha il vantaggio, rispetto al centro di Milano, dei costi contenuti di affitto dei locali. Nelle vie centrali si vede più gente di prima, ma persiste il problema dello smart working che pesa soprattutto sui ristoranti dei quartieri ad alta presenza di uffici” conclude Squeri.
Sulle Dolomiti, la preoccupazione c’è anche se soprattutto in via indiretta. “Noi non abbiamo realmente una clientela russa” – riferisce Renzo Minella, responsabile marketing della Skiarea Sanpellegrino che gestisce il ristorante InAlto a Falcade – “perché quella tipologia di clientela preferisce Cortina o Madonna di Campiglio, mentre nel periodo dopo Capodanno abbiamo una interessante fetta di turisti dall’Ucraina. Ci spiace perdere un mercato in crescita, ma siamo ancora più preoccupati per l’impatto che la crisi potrà avere su altri paesi dell’Europa Orientale, Polonia in primis. Per noi vorrebbe dire una brutta botta, sul fronte sci e soprattutto per l’indotto nella ristorazione”.
Potrebbe piacerti anche questo articolo: “RINCARO VINI: HORECA MINACCIATA DALLA RICADUTA SUI LISTINI”.