Da Russia e Ucraina dipende all’incirca il 30% delle esportazioni mondiali di frumento tenero. Il conflitto in atto ha generato molti interrogativi sulla regolarità degli approvvigionamenti da parte del canale Horeca e il timore che i prezzi, a causa dell’eventuale shortage, possano crescere a dismisura, pesando così sui conti economici di un settore che già si trova in difficoltà per l’aumento generale dei costi di gestione e delle materie prime.
Lo scenario peggiore, quello dell’irreperibilità di farine, viene escluso da Italmopa, l’associazione che rappresenta le aziende molitorie italiane ed è parte di Federalimentare-Confindustria. Al tempo stesso, Italmopa conferma il rischio che i prezzi, già rincarati, possano ulteriormente rimbalzare.
NESSUNA CARENZA
In una nota, Italmopa precisa che non ci dovrebbero essere particolari problematiche di approvvigionamento. L’Italia è strutturalmente un Paese deficitario di frumento tenero, poiché la produzione nazionale copre mediamente il 35% circa del fabbisogno annuale. Tuttavia, come precisa il presidente dell’associazione, Emilio Ferrari: “Le importazioni di frumento tenero dalla Russia e dall’Ucraina non risultano particolarmente significative e rappresentano complessivamente circa il 4% del volume di grano tenero trasformato in farine dai nostri molini”.
E pur evidenziando che il blocco della logistica ferroviaria e portuale sta certamente determinando criticità per quelle aziende che erano in attesa dell’arrivo della materia prima, Ferrari aggiunge che: “Per quanto concerne il prossimo futuro, riteniamo che non dovrebbero sussistere particolari difficoltà a sostituire le importazioni di grano dalla Russia e dall’Ucraina con frumenti equivalenti di altre origini”.
COSTI: “SITUAZIONE INSOSTENIBILE”
Proprio il peso relativamente dominante, da parte delle nazioni in guerra, nell’offerta globale di frumento tenero potrebbe determinare ulteriori rincari che le aziende molitorie non saranno in grado di assorbire. A dicembre, Italmopa aveva già lanciato l’allarme, evidenziando che i fattori produttivi esposti agli aumenti (frumento, energia e logistica) rappresentano oltre l’80% dei costi complessivi di produzione. Ferrari aveva affermato che: “La situazione insostenibile sta minacciando la stessa sopravvivenza di un comparto, quello della macinazione del grano, già strutturalmente caratterizzato da una redditività marginale”.
A rincarare la dose è ora Andrea Valente, presidente della sezione Molini a frumento tenero in Italmopa, evidenziando che: “L’assenza forzata, e temiamo duratura, di queste origini sui mercati internazionali cerealicoli sta dirottando la domanda dei paesi terzi sul mercato europeo, determinando un violento incremento delle quotazioni destinato ad accentuare le già insostenibili conseguenze dell’esplosione dei costi energetici e logistici. Le quotazioni del frumento tenero hanno così raggiunto livelli record su tutti i mercati e tali incrementi non potranno in alcun modo essere assorbiti interamente da un’industria molitoria in pericoloso, e senza precedenti, affanno”.
QUOTAZIONI ALLE STELLE
Le ultime quotazioni rilevate da Ismea confermano l’aumento dei prezzi all’origine del frumento tenero. Sulla piazza di Bologna, il prezzo è salito (valore al 3 marzo) fino a 333,5 euro/tonnellata, con un balzo del 9,9% rispetto alla settimana precedente. Non va meglio per il grano d’importazione: il frumento tenero comunitario, sempre a Bologna, è trattato a 343 euro/tonnellata (+9,6%), mentre per l’extracomunitario Northern Spring siamo già a 483,5 euro/tonnellata (+10,3% in sette giorni). Le farine di frumento tenero sono destinate alla panificazione industriale e artigianale, all’industria dolciaria, della biscotteria e prodotti da forno, alla pasticceria e alla produzione di pizza, mentre le semole di frumento duro sono destinate quasi esclusivamente all’industria della pasta. L’industria molitoria italiana lavora circa 12 milioni di tonnellate di frumento, trasformate in 8 milioni di tonnellate di frumento tenero e semole di grano duro. Nel 2020, il fatturato del comparto si aggirava in circa 3,9 miliardi di euro.