E se fossero i benefit su base volontaria a fare la differenza nel fidelizzare il personale nel Out of home in Usa? Se lo chiede Robert Fiorito in un articolo pubblicato su Total Food in cui ipotizza che l’ingrediente mancante nella crescente difficoltà dei gestori a reclutare dipendenti e poi a tenerli con sé per un tempo ragionevole, sia l’assenza di prestazioni integrative pagate dai dipendenti.
Con questo termine, nel food service ma non solo, ci si riferisce a tutti quei benefit complementari alle prestazioni tradizionali (assicurazione sanitaria, pensione, ecc.) che non comportano costi diretti per il datore di lavoro ma di cui, appunto, i dipendenti sarebbero ben felici di farsi carico.
Tasso di turnover oltre il 73%
A supportare questa tesi ci sono innanzitutto alcuni dati sulla crisi di personale che ancora interessa il mondo della ristorazione: secondo il Bureau of Labor Statistics, il settore ha un tasso di turnover annuale del 73,6% molto più alto di qualsiasi altro.
Non va meglio nell’industria della produzione di alimenti e bevande: il 45% dei titolari di imprese del settore ha dichiarato che l’abbandono del posto di lavoro, insieme all’impossibilità di reperire personale, è uno dei problemi più gravi. Si stima che, a luglio 2021, ben 360 mila posti di lavoro tra industria del food e del beverage fossero scoperti.
Benefit personalizzabili
E poi, ci sono i vantaggi offerti dall’adozione di piani a contribuzione volontaria: da un lato, è un modo per dare sollievo ai datori di lavoro alle prese con l’aumento dei costi delle assicurazioni sanitarie obbligatorie, dall’altro permette ai dipendenti di investire in un programma di benefit personalizzati, modulabili sulle esigenze del singolo (per esempio, è possibile affidarsi a proposte più o meno tarate sulla famiglia, individuali, ecc…), e finanziabili secondo le possibilità di ognuno. Gli analisti del settore food service, inoltre, sostengono che un sistema di prestazioni volontarie è un mezzo per responsabilizzare i dipendenti.
Anche il datore di lavoro può contribuire
I piani a contribuzione volontaria possono anche essere parzialmente sostenuti dal datore di lavoro, aumentando ancora di più il grado di affezione dei dipendenti verso l’insegna. Ma anche quando “pesano” interamente sul dipendente, sono comunque uno strumento importante, in particolare in questi casi: assicurazione sanitaria integrativa, copertura contro gli infortuni, portafogli digitali e assistenza legale. Vediamoli in dettaglio.
Diverse forme di tutela e assicurazione
I dipendenti sono spesso costretti a coprire le spese mediche: la copertura sanitaria integrativa paga direttamente agli assicurati i trattamenti relativi a infortuni, spese di ricovero o situazioni critiche comprese nel piano di copertura.
Se un dipendente o i suoi familiari subiscono un infortunio fuori dal lavoro, l’assicurazione contro gli infortuni aiuta a pagare le cure. Questa copertura può contribuire a ridurre le richieste di risarcimento dei lavoratori, in quanto i fondi consentono ai dipendenti di pagare le cure (anziché ritardarle) in caso di infortunio.
I cosiddetti “portafogli” digitali veicolano via smartphone tutte le agevolazioni offerte dal piano integrativo, dalla telemedicina 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ai servizi di salute mentale e di supporto ai caregiver, fino agli sconti sui farmaci con ricetta.
L’assistenza legale offerta su base aziendale è un supporto professionale per tutto ciò che riguarda le multe e le controversie di modesta entità, i problemi con i proprietari e le tematiche legate all’immigrazione. Si tratta di un supporto consulenziale che si è rivelato utile anche per ridurre l’assenteismo e i conflitti.
Infine, c’è anche la possibilità, tramite la contribuzione volontaria, di accedere in modo anticipato al salario: in pratica ai dipendenti è permesso disporre dei guadagni maturati tra una busta paga e l’altra, così da evitare di finire vittima dei prestiti predatori e altre pratiche che possono danneggiare le loro finanze.