Obbligo di rinegoziazione, a prezzi invariati, dell’oggetto del contratto di appalto in caso di aumento dei costi delle singole materie prime alimentari, dei carburanti e dei prodotti energetici superiore al 5% rispetto al prezzo rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta. A chiederlo è Oricon – Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione, sostenendo la proposta emendativa presentata al Dl Aiuti.
LA PROPOSTA
“Abbiamo lanciato l’allarme già da tempo: le aziende non possono farsi carico di questi maggiori costi, ma nemmeno possiamo pensare di farli ricadere sulle stazioni appaltanti, sui comuni o sulle famiglie – dichiara Carlo Scarsciotti, presidente di Oricon – e per questo abbiamo avanzato una proposta che non implica ricadute economiche sul consumatore finale, né sulla stazione appaltante e che salvaguarda nel contempo le aziende e il loro valore umano fatto di competenze e professionalità”.
L’emendamento, sostenuto da tutte le forze politiche, prevede infatti che in caso di un aumento, le stazioni appaltanti siano tenute a rinegoziare l’oggetto del contratto. “Tradotto, significa maggiore modulabilità. Se oggi le aziende sono tenute a seguire indicazioni rigide, sia nelle composizioni del piatto sia nella scelta delle materie prime, noi chiediamo che queste siano rimodulabili a seconda dell’andamento dei prezzi sul mercato” ha commentato il presidente dell’osservatorio, auspicando che il sostegno ampio e trasversale alla misura da parte delle forze parlamentari porti ad un’approvazione della misura che consentirebbe alle aziende della Ristorazione Collettiva di fronteggiare la crisi economica in atto senza aumenti del costo del servizio per gli utenti (scuole, famiglie, ospedali ecc).
I NUMERI
Il comparto della ristorazione collettiva, secondo l’indagine 2021 di Oricon, ha ottenuto nel 2021 una crescita del 22% sia dei ricavi che dei volumi delle vendite. Si è trattato di un primo passo sulla strada ancora piuttosto lunga per tornare ai livelli di produzione precedenti l’arrivo della pandemia: nel 2019 i ricavi caratteristici superavano i 4,1 miliardi di euro e si producevano 860 milioni di pasti all’anno. Lo scorso anno, invece, i ricavi si sono fermati a 3.3 miliardi di euro pari a circa 690 milioni di pasti, il 20% in meno. Complessivamente la ristorazione collettiva conta oltre 1.200 aziende e oltre 97.000 occupati in Italia. Il comparto è reduce da due anni di pandemia e smartworking e da un primo trimestre 2022 all’insegna dei rincari che gravano interamente sulle aziende, che operano con contratti a prezzi fissi. Nel 2021, i ricavi del comparto sono dipesi per circa la metà da ristorazione scolastica (1,05 miliardi di euro) e sanitaria (1,1 miliardi), mentre la ristorazione in ambito aziendale ha generato 891 milioni di ricavi e quella delle altre collettività un totale di 257 milioni di euro. Nel confronto tra 2021 e 2019, il calo più consistente ha riguardato l’ambito aziendale (-25,6%), quello più contenuto invece è legato alla ristorazione in ambito sanitario, con un rallentamento pari al 12,6 percento, e alle altre collettività (-9,4%).