La spinta inflattiva generalizzata sulle materie prime e l’impatto delle tensioni internazionali sul costo dell’energia mettono a rischio la ripresa del comparto birra italiano. Se infatti il report annuale di AssoBirra fotografa un 2021 di ripresa, le ombre gettate dalla congiuntura complessa potrebbero spegnere gli entusiasmi.
Secondo AssoBirra, infatti, “il 2021 della birra in Italia si presenta come un anno di luci e ombre”. Il comparto birrario, infatti, sta tornando a crescere con risultati positivi sul fronte della produzione, dei consumi e dell’export – che si riavvicinano e in alcuni casi superano i livelli del 2019 – ma le tensioni sui prezzi sono iniziate proprio nell’estate del 2021.
“La fotografia del 2021 può esser vista come un bicchiere mezzo pieno – evidenzia il presidente di AssoBirra Alfredo Pratolongo – che racchiude fatti, opinioni e numeri di un comparto che può e soprattutto vuole crescere nonostante la complessità e l’incertezza. Anche nel 2022, il mercato sembra in ripresa sul fronte dei volumi. La realtà effettiva, però, è un po’ più complessa. L’attuale tempesta dei costi non sembra essere episodica e può generare effetti inflattivi, perdite di competitività, compromettere la ripresa e fermare gli investimenti da parte dei birrifici, nella distribuzione e nei canali di vendita, cioè lungo tutta la filiera brassicola. In ambito agricolo, da tempo il comparto birrario sta investendo per aumentare la quota di orzo prodotto in Italia con l’obiettivo di portarla dall’attuale 40% al 60%. Tuttavia, è un percorso che richiede tempo e che rischia di venire rallentato dalla situazione attuale”.
UN 2021 DA 17,6 MILIONI DI ETTOLITRI
La produzione di birra nel 2021 ha raggiunto quota 17,6 milioni di ettolitri, superando – anche grazie alle esportazioni – i livelli raggiunti nel 2019 (17,3 milioni di ettolitri) e quelli del 2020 (15,8 milioni di ettolitri).
I consumi toccano i 20,8 milioni di ettolitri non ancora a livelli 2019, ma superiori alle cifre del 2020 (18,9 milioni di ettolitri).
Anche l’export ha ripreso quota, con volumi pari a 3,8 milioni di ettolitri, superiori a quelli del 2019 (3,5 milioni) e del 2020 (3,3 milioni) con la conferma del gradimento della birra made in Italy in Paesi a forte tradizione birraria, come il Regno Unito che accoglie il 46,9% delle birre esportate, gli Stati Uniti (8,6%) e l’Australia (6,4%), “un attestato al merito per i livelli di eccellenza raggiunti dalla produzione nostrana”, rimarcano da AssoBirra. Si segnala, poi, un calo dell’import rispetto al periodo pre-pandemico, con 7 milioni di ettolitri nel 2021 contro i 7,4 milioni del 2019.
AVVIO POSITIVO E INCERTEZZE SUL 2022
Anche nell’anno in corso la birra in Italia sta riuscendo a mettere a segno risultati positivi, soprattutto in termini di volumi. “Tuttavia, gli ingenti rincari di materie prime e utility – chiosano da AssoBirra – rischiano di compromettere la ripresa del comparto birrario, faticosamente conquistata dopo la pandemia. Nel 2020 il settore ha perso 1,4 miliardi di euro di valore condiviso, che equivalgono a 15 mila posti di lavoro, e nel 2021 ha sofferto ulteriori mesi di chiusure dettate dall’emergenza sanitaria. Per far fronte agli impatti della pandemia, il comparto birrario ha già ridotto costi, implementato ottimizzazioni e realizzato investimenti mirati e quindi non è più in grado di assorbire ulteriori aumenti. Scongiurare ulteriori contraccolpi è strategico per mantenere la competitività del comparto e i livelli di valore generato”.
RIDUZIONE DELLA FISCALITÀ
Per AssoBirra è dunque urgente prendere decisioni che consentano alle aziende birrarie, alle materie e ai punti di consumo continuare o riprendere un ciclo di investimenti sul proprio business e dunque a generare valore sostenibile. L’obiettivo è far tornare a crescere e preservare il significativo valore condiviso generato dalla birra in Italia che nel 2019, prima della pandemia, ammontava a 9,5 miliardi di euro l’anno e dava lavoro a 108 mila famiglie, contribuendo alle casse dello Stato per 4,5 miliardi di euro l’anno.
Nel 2021 l’associazione ha lavorato al fianco delle istituzioni insieme alle altre associazioni del comparto per una revisione al ribasso del peso fiscale che da anni grava sulla birra. L’ultima Legge di Bilancio ha stabilito per il 2022 una riduzione di 5 centesimi unitamente a sconti progressivi di aliquota per i birrifici artigianali con produzione annua fino a 60mila ettolitri. AssoBirra ritiene che non solo si debba stabilizzare la misura approvata in Legge di Bilancio, ma proseguire con una ulteriore riduzione strutturale delle aliquote delle accise sulla birra.
“La birra è l’unica bevanda da pasto gravata da accise – rimarcano da Roma – ed è prioritario un intervento entro l’anno perché le riduzioni accordate nell’ultima Legge di Bilancio termineranno il 31 dicembre 2022, e quindi le accise subiranno un aumento dal 2023. Per questo, AssoBirra auspica che Governo e Parlamento proseguano il percorso di riduzione della pressione fiscale, perché un’azione in tal senso permetterebbe di dare impulso e sviluppo a un settore dinamico, ad alto tasso di occupazione giovanile qualificata, per lo più composto di eccellenze imprenditoriali: grandi, medi e piccoli birrifici, dal campo alla tavola, dalle materie prime al settore alberghiero e della ristorazione, fino alla distribuzione”.
FOCUS SULLA SOSTENIBILITÀ
Per AssoBirra la sostenibilità è una priorità dichiarata a gran voce.
“La transizione ecologica è un pilastro fondamentale della strategia associativa – chiarisce il vicepresidente Federico Sannella – un terreno sul quale confrontarsi apertamente con tutti i player di settore”.
Le aree su cui intervenire vanno dalla riduzione della CO2 alla razionalizzazione dei consumi idrici e l’ottimizzazione della riduzione degli scarti, passando per il packaging. Il focus è anche sugli interventi sul fronte della produzione agricola, della logistica, della distribuzione e del rapporto con i fornitori.
“La produzione di materie prime italiane è in ottima salute – aggiunge Sannella – e si sta sviluppando un’importante filiera del luppolo. Queste evoluzioni sono cruciali poiché un’agricoltura sostenibile, controllata e d’alta qualità non può che giovare a un comparto che ha proprio nei campi la sua origine e il suo elemento primario di qualità, naturalità e certificazione”.