Inclusione, diversity, gender equality. Tutti concetti che ormai fortunatamente fanno sempre più parte della cultura delle grandi catene, da McDonald’s a Starbucks. Ma c’è un format che fa eccezione. Chick-Fil-A.
LA QUERELA
L’ultima disavventura in ordine di tempo è quella vissuta da Aaron White, dipendente transgender della catena. White, che si identifica come donna, durante il suo primo giorno di training per diventare responsabile delle operazioni, pare sia stata pesantemente molestata sessualmente e insultata con commenti omofobi, sfociati in una querela presentata dalla stessa ormai ex dipendente. Nella denuncia si legge che “ “Il proprietario del ristorante ha risposto (alle lamentele della White) dicendo che dovrebbe essere un onore il fatto che, essendo la querelante una donna transgender, piacesse a qualcuno abbastanza da provarci con lei”.
N.C.S NON CI SIAMO
La catena non è nuova a situazioni di questo genere. E’ risaputo che la fortissima fede cristiana ha portato il fondatore, Dan Cathy, in passato a sostenere diverse associazioni anti-lgbt. Le cronache, Horeca e non, a stelle e strisce sono zeppe di episodi di intolleranza perpetrati a persone di colore e di altre minoranze da parte di dipendenti del format.
Fonti personali di chi scrive parlano di una catena assolutamente non inclusiva e malvista dalle comunità di neri, latini e asiatici. Tutto questo proprio nell’anno nel quale la catena è balzata al terzo posto della classifica per fatturato Made In Usa (mettiamo link alla Top 10). Ma sull’inclusione e la diversità si può e si vede fare di più.