Questa volta non c’è il covid, ne tantomeno la crisi di manodopera e nemmeno la crisi Russia-Ucraina, bensì questioni legate alla sicurezza, dietro alla decisione di Starbucks di chiudere 16 caffetterie negli Stati Uniti a partire dal prossimo 31 luglio.
PROBLEMA SICUREZZA
La decisione è stata accompagnata da una lettera pubblicata sul blog aziendale, a firma di due vicepresidentesse esecutive e indirizzata ai partner, della quale se ne riporta uno stralcio: “Vogliamo che tu sappia che creare un ambiente di lavoro sicuro, accogliente e gentile è la nostra massima priorità. Perché, in poche parole, non possiamo fungere da partner se prima non ci sentiamo al sicuro sul lavoro. La domanda che abbiamo in mente è: come possiamo continuare a servire per le nostre comunità proteggendo i nostri partner?”
NUOVE POLITICHE
L’azienda non ha fornito ulteriori dettagli al riguardo, ma il Wall Street Journal parla di questioni legate allo spaccio e consumo di droga all’interno dei bagni dei locali.
Non a caso un mese fa il Ceo ad interim Howard Schultz aveva dichiarato la propria intenzione di modificare le politiche relative all’uso dei bagni, fino ad ora aperti al pubblico, dando ai manager dei punti vendita la facoltà di chiuderli in caso di problemi relativi alla sicurezza. “Dobbiamo rafforzare la sicurezza dei nostri negozi e far sentire al sicuro le persone“, aveva affermato Schultz durante la conferenza. “Non so se possiamo tenere i nostri bagni aperti“.
La decisione coinvolgerà sei store a Los Angeles, sei a Seattle, due a Portland, uno a Philadelphia e uno a Washington D.C.