Non ci sarà, almeno per ora, la svolta di McDonald’s in chiave vegana negli Stati Uniti. Il test sull’hamburger a base vegetale McPlant è stato dichiarato “concluso” dall’azienda e la referenza non è più disponibile in nessuno dei ristoranti della catena. Emma Liem Beckett, in un articolo su Restaurant Dive approfondisce le possibili ragioni di questa sospensione di interesse per un ambito – quello delle alternative alla carne – su cui McDonald’s aveva dichiarato di voler investire con convinzione, così da intercettare la fetta di pubblico sempre più ampia che dice no a manzo e pollo per ragioni etiche, dietetiche, di salute.
DOPO L’ASSAGGIO, LA NOIA
A dare il colpo di grazia definitivo a una mossa che in molti avevano definito un azzardo, sono state le vendite del prodotto McPlant negli Usa: McDonald’s non ha rivelato i dati relativi alle sue prestazioni, limitandosi a un laconico “tutto come previsto”, mentre gli analisti di J.P. Morgan hanno riferito di aver parlato con i dipendenti di 25 ristoranti della catena, secondo cui “i clienti all’inizio erano incuriositi, poi una volta provato non lo ordinavano più”. La proposta, 510 calorie al pezzo, per 6,29 dollari consisteva di un hamburger realizzato con una polpa a base vegetale, grigliato e poi condito con cipolle, sottaceti piccanti, lattuga croccante, pomodoro, ketchup, senape, mayo e una fetta di formaggio americano fuso su un panino tostato con semi di sesamo.
UN TARGET DA PRECISARE
Peter Saleh, analista della società di trading BTIG, ha svelato che i test sul prodotto non hanno raggiunto nemmeno i risultati di vendita attesi nella fascia più bassa: a San Francisco, ad esempio, le vendite sono rimaste bel al di sotto delle previsioni di 125-300 panini alla settimana. E se nella salutista California le cose non sono andate bene, in altre parti del Paese i risultati sono stati ancora inferiori: la zona di Dallas/Fort Worth ha registrato vendite inferiori del 30% rispetto alle previsioni (mai oltre i 70 panini al giorno negli 8 punti vendita della catena), mentre nelle aree rurali del Texas orientale gli operatori hanno venduto solo pochi hamburger a base vegetale al giorno. Saleh ha una sua idea sulle ragioni del flop: «Il burger vegano di McDonald’s sembrava attrarre maggiormente una clientela femminile, residente nelle comunità più ricche. Ma per renderlo mainstream, deve avere un prezzo più competitivo con gli hamburger tradizionali e serve mettere maggiore enfasi sui benefici in grado di generare per la salute del corpo e per l’ambiente. E a mio avviso, va spinto sui mercati urbani a reddito più elevato che sembrano più ricettivi alle offerte di carne a base vegetale».
PARTNERSHIP CONFERMATE PER L’EUROPA
Il partner scelto per entrare nel mondo del meat-free, la californiana Beyond Meat, dopo l’annuncio della sospensione delle vendite ha registrato un -6% a Wall Street. McDonald’s ha confermato che la partnership con l’azienda, siglata nel 2021, non è in discussione: della durata di tre anni, l’accordo si regge per ora sulle performance, positive, del McPlant nel mercato internazionale, Regno Unito e Austria in testa.
LA LEZIONE DI BURGER KING
Interessante notare come dietro questo buco nell’acqua non ci sia un problema di coerenza tra immagine e posizionamento percepito dell’azienda e proposte meat free. Il concorrente diretto, Burger King, sta infatti macinando un successo dietro l’altro, in quest’ambito: primo ad entrare nel mercato delle opzioni senza carne nel menu, ha anche inaugurato il primo ristorante 100% vegano a Vienna, lo scorso 19 luglio. Si tratta di un temporary restaurant la cui sopravvivenza dipenderà, come sempre, dal gradimento dei clienti.