Dopo due anni di pandemia, la guerra. E poi l’inflazione, che galoppa verso livelli mai più toccati dagli anni Ottanta. Su tutto, gli effetti sempre più chiari dell’emergenza climatica, che non è più possibile ignorare.
La fotografia scattata, come ogni anno, dal Rapporto Coop 2022, è in bianco e nero: parla di un’Italia provata dalla “tempesta perfetta” che l’ha colpita, in cui la maggior parte della popolazione è in allerta, preoccupata di un peggioramento ulteriore delle condizioni socio economiche che, ai più, paiono già difficilmente sostenibili. Ma all’austerity unico antidoto a un autunno che è fonte di preoccupazione, fa da contraltare una crescente indulgenza ai comportamenti “eccessivi” e un deciso “no” a qualsivoglia compromesso sul fronte del cibo.
Quali conseguenze hanno, questi orientamenti, sul food service? Proviamo a tracciare qualche linea di tendenza dall’impatto più evidente sul mondo della ristorazione.
VOLERSI SEMPRE PIU’ BENE
Il Rapporto Coop la definisce “la nuova loveland degli italiani”: è quell’orientamento sempre più chiaro a volersi bene, che prende tante forme diverse. Il 47% degli intervistati dichiara, per esempio, di voler mangiare meglio e mettersi a dieta, mentre il 32% intende prendere come impegno quello di fare controlli medici regolari e prevenzione. E nella scala dei valori e principi che più di altri ispireranno atteggiamenti e comportamenti nei prossimi 12-18 mesi, in testa c’è la salute, 36% – con accenti su donne, + 5pp e donne, + 3pp – mentre la curiosità e la sperimentazione intercettano il 13% degli intervistati, con un focus di 6 punti percentuali in più tra Generazione Z e Young Millennials.
Vale la pena menzionare anche il 3% che dichiara di puntare al piacere e alla soddisfazione edonistica, anche in questo caso con un + 4% tra le generazioni più giovani. Il riflesso sui concept di ristorazione è evidente: sì all’espressione salutista, al veganesimo ormai sdoganato dalla nicchia, alle proposte equilibrate, senza compromessi sul gusto.
TRA SPRECHI E BINGE CONSUMING
In una ricerca di nuovi equilibri, gli eccessi stonano innanzitutto con l’apprensione generalizzata per l’ambiente, la maggiore fonte di preoccupazione per il 39% del target intervistato, tanto da spingere il 51% a dichiarare l’intenzione di attivarsi per la tutela dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico.
Il che lascia intendere per la ristorazione una necessità di adozione di comportamenti sostenibili – dai menu digitali, alla rinuncia agli sprechi, alla possibilità di portare a casa il cibo e perché no, anche il vino, avanzati – che non può più essere procrastinata e che deve diventare parte fondante di qualsiasi strategia di comunicazione.
Del resto, una fascia sempre più ampia di persone è costretta ad adottare una serie di rinunce in materia di energia, istruzione e cibo. In dettaglio: il 13% dichiara di aver vissuto, nel corso del 2022, situazioni di rinuncia scendendo sotto il livello minimo accettabile, per cibo e alimentazione. E, per contro, c’è un 32% di chi è costretto a fare sacrifici, che dichiara di abbandonarsi ad eccessi a tavola, percentuale che scende al 16% per l’alcool.
PRIMI TAGLI A BAR E RISTORANTI
La parola d’ordine in previsione dell’autunno è “risparmio”: il 68% ha già adottato strategie di contenimento, mentre il 17% lo farà dopo l’estate. L’85% delle famiglie italiane sta già risparmiando o ha l’intenzione di farlo a breve e in cima alle rinunce c’è l’esperienza in bar e ristoranti (34%).
Per contrastare l’effetto dell’inflazione sul suo potere di acquisto, nei prossimi 6-12 mesi sarà la ristorazione, seguita da viaggi, moda e hi-tech a determinare le prime rinunce. E alcune strategie più specifiche risultano, nella percezione generalizzata, utili a contenere i danni: la riduzione degli sprechi, ancora una volta (57%), ma anche l’acquisto di prodotti e servizi di qualità minore (21%).
TOGLIETEMI TUTTO MA NON IL CIBO
Pur di fronte a questo scenario non favorevole, la spending review degli italiani, per la prima volta da decenni, non tocca il cibo. Sono 24 milioni e mezzo gli italiani che nonostante l’aumento dei prezzi non sono disposti a scendere a compromessi nelle loro scelte alimentari e nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità ma non la qualità del loro cibo.
A riprova del nuovo valore assegnato al cibo dagli italiani c’è il mancato ricorso ad un netto downgrading degli acquisti (-0,1% di effetto mix negativo nel primo semestre).
Attualmente, insomma, il carrello non è più la miniera da cui attingere per finanziare altri consumi, ma un fortino da proteggere. Al tempo stesso il cibo a cui non si intende rinunciare pare essere soprattutto quello più sobrio e basico, senza orpelli e sovrastrutture; l’italianità e la sostenibilità sono gli elementi imprescindibili che erodono mercato a altre caratteristiche in passato maggiormente ricercate. Così compaiono meno sulle tavole i cibi etnici, le varie tipologie di senza (senza glutine, senza etc), i cibi pronti e anche il bio pare subire una battuta d’arresto. Indicazioni preziose anche per i format in lancio e per quelli che, necessariamente, dovranno rivalutare il proprio posizionamento per affrontare al meglio i prossimi mesi.