Muorz, il burger “etnico” napoletano debutta a Roma

Una “dark kitchen alla napoletana” apre nella capitale con un panino burger - in modalità delivery e take away – che ha una identità partenopea
Muorz, il burger “etnico” napoletano debutta a Roma

In dialetto napoletano “Muorz” vuol dire morso ed è esattamente quello il punto di riferimento degli ideatori del progetto a suon di morsi di burger, che ha visto nei giorni scorsi il primo sbarco a Roma. 

Un gruppo di imprenditori napoletani accomunati dalla passione per il food ha deciso di dar vita a una “dark kitchen alla napoletana”, attraverso la quale ordinare i burger in modalità asporto e delivery. Un format da “burger gourmet”, per dare ai clienti un prodotto “fiero di essere fast food” grazie a un tocco napoletano. E in questa intervista rilasciata a Food Service i fondatori raccontano i progetti di sviluppo del format.

L?INTERVISTA

Cosa significa “dark kitchen alla napoletana”?
È una cucina senza somministrazione (raggiungiamo il cliente solo con asporto e delivery) che ha come obiettivo portare la cucina napoletana in Italia e nel mondo. Il brand Muorz Burger è stato il primo lanciato, ma ne arriverà a breve un secondo focalizzato sulla pizza e friggitoria napoletana. Abbiamo deciso per immediatezza e impatto di comunicazione di caratterizzare ogni categoria di prodotto con un brand a se stante, piuttosto che il brand della dark kitchen. Il tutto è comunicato in maniera trasparente al consumatore nella location fisica dove si preleva l’asporto.

In cosa si differenza la proposta di Muorz rispetto ad analoghi format?
Il format del burger è quello classico dello street food amaricano, ma le preparazioni e quindi i sapori e le materie prime che si ritrovano nel menu sono di matrice partenopea come la salsiccia di maialino nero casertano invece del classico manzo, le zucchine alla scapece, il fior di latte di Agerola affumicato come formaggio, le zucchine alla scapece, la parmigiana di melanzane e tanto altro.

La catena di fornitura è campana? Con quali specifiche?
La nostra azienda ha sempre un occhio di riguardo alla sostenibilità. Quindi, la catena di fornitura è campana dove serve, ossia per i prodotti tipici del territorio. Ad esempio il fior di latte è prodotto ad Agerola, il maialino è allevato e macellato nella provincia di Caserta, il bun fresco (non surgelato) è prodotto da un panificatore nella provincia di Napoli, la confettura è di albicocca pellecchiella del Vesuvio, i pomodorini sono Corbarino del Vesuvio semidry, le alici di Cetara. La verdura e il manzo sono invece approvvigionati localmente a km 0.

La scelta della carne ha delle peculiarità?
Certamente. La carne è la base di un buon burger. La salsiccia è 100% maialino casertano certificato. Il manzo è un blend con manzo 100% Italiano e studiato con una percentuale di grasso ottimizzata per rendere contemporaneamente l’hamburger caramellizzato all’esterno e “succoso” all’interno. Per chi preferisce la versione veg, abbiamo un saporito Beyond Burger, 100% vegetale. Il pollo (solo sovraccoscia, il taglio più pregiato) è allevato in Italia a terra e alimentato con mais.

Come giocate sulla vostra value proposition?
Generalmente il prodotto di delivery o asporto è associato al junk food, il nostro obiettivo è portare qualità e un po’ di gourmet in questo settore. Il tutto a un prezzo comunque ragionevole: la maggior parte dei burger sono sotto i 10 euro e un menu non costa tanto di più (circa 2/3 euro) delle grandi catene (che non offrono un prodotto di pari qualità, anche se potrebbe essere un parere personale)

Qual è il vostro target?
Il target naturale per i nostri burger sono sicuramente i giovani, che pensiamo si possano identificare nella freschezza del nostro brand e la golosità delle nostre proposte di street food. Pensiamo però che le proposte più ricercate – come le zucchine alla scapece, la parmigiana di melanzane – e la qualità degli ingredienti utilizzati strizzino l’occhio anche ad un pubblico con qualche anno in più.

Prevedete di avere più di un punto vendita? Puntate a una catena?
L’attesa è assolutamente quella di non fermarsi al primo locale. Il piano di sviluppo è di raddoppiare il numero di locali ogni 6 mesi, sempre con gestione diretta. Pensiamo che il franchising non sia in grado di garantire la qualità dei prodotti e delle preparazioni che vogliamo offrire. Ci saremo noi e la nostra ossessione alla qualità dietro ogni nuovo locale.

Siete presenti in Campania?
La proprietà è presente a Napoli con altre attività nel settore del food service, ma questo format è pensato per portare la cucina napoletana fuori da Napoli. A Napoli andrebbe perso o diluito il concetto di etnicità.

Qual è la consistenza dell’investimento? Con quali obiettivi di business?
Le dark kitchen sono un format di ristorazione con necessità di capitali più ridotte rispetto ad un formato con somministrazione, sotto i 100mila euro di investimento per ogni punto vendita equipaggiato per fare burgeria e pizzeria. Il fatturato di una cucina così strutturata pensiamo possa arrivare a regime tra 600 mila e 1 milione di euro all’anno.

È stato difficile trovare la location?
È stata la cosa più difficile. Trovare un locale al centro di Roma con le caratteristiche necessarie – una su tutte la canna fumaria – non è stato semplice a causa della vetustà delle strutture e delle difficoltà autorizzative.

Farete anche da dark kitchen per altri?
No, lavoriamo solo sui nostri brand.

Il delivery è previsto in autogestione oppure attraverso le piattaforme di delivery?
Entro dicembre sarà 100% autogestito. Pensiamo che sia necessario preservare la qualità del cibo fino alla casa del cliente. Le piattaforme di delivery non sono in grado di assicurare i nostri standard di qualità in termini di tempi di consegna e attenzione nella manipolazione delle consegne, con il rischio di rotture o rovesciamenti.

Come lo gestirete? 
La maggior parte delle consegne viene effettuato con la nostra flotta privata, allineata ai più elevati standard di basso inquinamento ambientale (mezzi oltre Euro5 o elettrici). Solo in periodi di picco vengono utilizzati dei riders con mezzi di proprietà.

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