Il grissino italiano grande assente del cestino del pane

Il grissino è sempre meno presente sulle tavole dei ristoranti. In occasione del Breadstick Day, il 28 ottobre, l’azienda milanese Vitavigor lancia la campagna #savethegrissino e rilancia questo prezioso sostituto del pane grazie alle testimonianze di chef e panificatori
Il grissino italiano grande assente del cestino del pane

Sembra che il grissino stia sparendo dal cestino del pane dei ristoranti italiani. La notizia arriva dall’azienda milanese Vitavigor, specializzata nella produzione di sostitutivi del pane e snack salati, che negli ultimi due anni ha visto diminuire le vendite nel canale ristorazione del 50 per cento. Le cause alla radice di questo trend negativo sono di natura diversa. Da un lato c’è la minore propensione dei ristoratori a mettere in tavola le classiche buste monoporzione – spesso aperte e non consumate completamente – per evitare sprechi. Dall’altro c’è la questione dei prezzi: la coda lunga della pandemia e l’aumento dei costi delle materie prime hanno contribuito a un aumento del prezzo dei prodotti da forno confezionati del 13,9% (fonte: Unione Nazionale Consumatori su dati Istat). In particolare, il prezzo medio dei grissini è cresciuto del +2,3% secondo NielsenIQ (i+s+ls+discount, a.t. gennaio 2022).

#savethegrissino: UNA CAMPAGNA PER RIPORTARE I GRISSINI AL RISTORANTE

Per invertire questo processo e riportare lo storico grissino italiano sulle tavole dei ristoranti, Vitavigor, in occasione del Breadstick Day, il 28 ottobre scorso, ha lanciato la campagna #savethegrissino: “Nati alla corte dei Savoia, i grissini sono diventati, in tutta Italia, una ricercata variante del pane, irrinunciabile per i ristoranti, ma anche nell’alimentazione e nella spesa ordinaria delle famiglie, affermandosi poi sui mercati internazionali come uno dei capisaldi del made in Italy nel settore food – dichiara Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor –. Purtroppo, l’arrivo della pandemia ha inciso con forza sulle vendite di questa referenza e ancora oggi, dopo quasi tre anni, subiamo gli effetti provocati dal crollo delle vendite nel settore della ristorazione e i segnali di ripresa sono lenti a mostrarsi. Non possiamo permettere che una tradizione millenaria della cucina italiana possa scomparire dai cestini del pane e dai menù dei ristoranti italiani e facciamo appello a tutti i consumatori e ristoratori italiani affinché difendano con forza l’identità del grissino”. 

UNA STORIA LUNGA 400 ANNI

 “Alla fine del ’600, il precario stato di salute del giovanissimo duca Vittorio Amedeo II trova ristoro solo in un pane fatto appositamente per favorire la sua digestione: allungato, croccante e senza mollica” racconta Andrea Maraschi, docente di Antropologia dell’Alimentazione presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università degli Studi di Bologna. L’invenzione ha immediato successo e da pane del re il grissino diventa pane di tutti. Un’altra teoria, meno nobile, lo considera un pane più leggero e povero per tempi di carestia. “Il cibo ha la proprietà di creare e preservare nel tempo memorie piacevoli – prosegue Maraschi – e il grissino è associato al gesto dell’ingannare l’attesa della prima portata addentando quella ghersa allungata che è ormai diventato meccanico perché il grissino, a differenza del pane comune, non riempie. Se l’aumento vertiginoso delle bollette dovesse privarci di questo piacere, ci toglierebbe anche una parte di quelle memorie e quindi dell’essere italiani, poiché la nostra identità è radicata anche nella memoria del buon cibo e dei buoni sapori”. 

SEMPLICE E SOFISTICATO, IL GRISSINO SECONDO GLI CHEF

D’altra parte, chef e panificatori di casa nostra confermano il valore di questo alimento. Luca Scarcella, titolare de Il Forno dell’Angolo, per esempio, li apprezza per la semplicità, l’etichetta corta e la lunga shelf-life, oltre che per la possibilità di riutilizzarli in molti modi: “Queste caratteristiche – commenta – ne fanno un prodotto sostenibile e dal bassissimo impatto ambientale in termini di spreco. Gli avanzi dei grissini sbriciolati si possono per creare panature originali mixandoli con erbe e spezie. Possono anche essere impiegati per primi piatti che richiedono la mollica di pane raffermo, per esempio gli spaghetti acciughe e mollica”. 
Simona Vlaic, ristoratrice titolare dell’Albergo Ristorante San Giors di Torino nel sottolinea l’importanza nella cucina piemontese che non può prescindere dai grissini, rubatà o stirati. “Nel nostro ristorante sono protagonisti del cestino del pane – racconta – e sono sinonimo di condivisione e famiglia: mangiandoli i clienti riscoprono i sapori di casa e le fragranze della loro infanzia”. Ma Simona Vlaic li utilizza anche in cucina, per esempio sbriciolati, per la panatura della Grissinopoli, risposta subalpina alla storica milanese: una cotoletta di vitello o di sanato, che dovrebbe mantenere l’osso, passata nell’uovo e fritta, in burro o olio”. 
Nonostante il Dna piemontese il grissino è amato e diffuso in tutta Italia e per Giovanni Ricciardella, chef patron del Ristorante Lab & Rooms Cascina Vittoria di Rognano (Pv) saperlo preparare è un’arte: “Da Torino, sua città natale, l’arte del grissino si è diffusa su tutto il territorio italiano, divenendo un must da avere sulla tavola di ogni ristorante, in modo trasversale, dagli stellati alle osterie. Si può usare tra l’altro in molte pietanze come, per esempio, sbriciolato su una buona passata di verdure o usato per panare le più svariate pietanze”.

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