Almeno 70 anni di attività e la presenza degli arredi originali. Sono questi i due requisiti basilari per rientrare nella categoria dei “locali storici” secondo la nuova norma Uni della quale potranno avvalersi tutti i pubblici esercizi italiano che vorranno identificarsi come locali storici.
L’ente di normazione – che si occupa definisce le caratteristiche di un prodotto, processo, servizio nei vari comparti – ha infatti adottato la norma Uni 11891-1 frutto del lavoro degli ultimi mesi a un tavolo condiviso promosso da Fipe-Confcommercio e dall’associazione ‘Gli Storici’ Caffè e Ristoranti Storici d’Italia che ha visto il coinvolgimento di Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Confcommercio-Imprese per l’Italia, l’Unione Consumatori, Uniter e della stessa Uni.
ORDINE NEL CAOS
L’intento dei promotori era il caos amministrativo legato alla sovrapposizione di norme, albi, elenchi di vario genere. “Abbiamo portato avanti questo percorso – spiega Alessandro Cavo, presidente dell’associazione ‘Gli Storici’ aderente a Fipe – per mettere ordine nella babele amministrativa che fino a questo momento vedeva una regolamentazione senza un criterio omogeneo, creando di fatto disparità poco comprensibili e confusione. Questo puzzle normativo ha di fatto impedito che si potessero adottare misure di sostegno a livello nazionale, rivolte espressamente ai locali storici che, come sappiamo, hanno caratteristiche molto specifiche e di conseguenza bisogni particolari. Incentivi per la tutela del patrimonio immobiliare, semplificazione delle procedure amministrative, riduzione delle imposte locali, misure per l’efficientamento energetico sono solo alcune dei temi che abbiamo già inserito nell’agenda dei locali storici per i prossimi mesi”.
NORMA SU MISURA
Fino a questo momento a inquadrare le attività storiche sono state prevalentemente Regioni e Comuni, con regolamenti diversi basati essenzialmente sull’anzianità dei locali, che oscilla tra i 40 e i 50 anni, mentre il registro delle imprese storiche di Unioncamere include attività operative da almeno 100 anni (che siano bar o negozi di scarpe, poco importa).
Ecco allora una norma Uni che è stata immaginata come un “vestito su misura” per i pubblici esercizi. “Questo non è il punto di arrivo – conclude Cavo – ma il primo passo verso un’azione di valorizzazione e sostegno di quei locali che rappresentano un inestimabile patrimonio culturale, artistico e storico del Paese. Un patrimonio da tutelare mettendolo al centro delle politiche di sviluppo del turismo di qualità e delle politiche delle nostre città, consapevoli che l’esperienza in questi locali non è solo di consumo ma è un tuffo nella storia e nella cultura del Paese”.