Dalla caparra obbligatoria alla carta di credito a garanzia, fino ad arrivare a piattaforme dedicate che tutelano il ristoratore. Il fenomeno del no-show colpisce duramente il fuori casa e i conti e molti stanno correndo ai ripari.
Nella ristorazione di eccellenza, in particolare, si sta diffondendo in maniera piuttosto ampia la prenotazione online con il versamento di una cifra di garanzia (tramite carta di credito), che limita notevolmente il rischio. E il tema non è solo organizzativo, ma anche di sostenibilità, perché per ogni coperto mancato c’è anche un alto rischio di spreco.
CAPARRA OBBLIGATORIA, TAGLIO NO-SHOW
Nell’estate 2022 aveva fatto scalpore la scelta radicale all’Insolita Trattoria di Firenze, dove il fenomeno del no-show aveva raggiunto livelli esasperanti (fino al 34% delle prenotazioni in un mese delicato come giugno) e la proprietà aveva annunciato la prenotazione con caparra obbligatoria di 55 euro a persona.
Lorenzo Romano, chef e titolare del ristorante, ha voluto invertire una tendenza potenzialmente deleteria per la sopravvivenza stessa del ristorante, considerato che il danno da mancate prenotazioni era arrivato a 64mila euro in sei mesi.
“Tra chi prenotava per poi non presentarsi e chi veniva con oltre un’ora di ritardo – racconta lo chef – il fenomeno c’è sempre stato. Negli ultimi anni però è aumentato parecchio, perché il vizio che finora era soprattutto dei turisti esteri adesso ha contagiato anche la clientela italiana. I rumors dicono che nelle città turistiche è ormai prassi prenotare più locali insieme per poi presentarsi in quello più comodo, in base agli impegni della giornata”.
Da qui la caparra obbligatoria di 55 euro per disincentivare il no-show, con garanzia di rimborso totale fino a 48 ore prima, ma anche dopo il ristorante dà al cliente che disdice un voucher da utilizzare entro 3-6 mesi. Risultato? “Da quando siamo partiti i no-show sono stati praticamente eliminati, mentre le disdette non superano il 20 per cento”.
FENOMENO PESANTE A ROMA
Sembra che a Roma il fenomeno sia ormai difficilmente sostenibile e gli animi sono amareggiati.
“Il no-show negli anni è diventato un problema serissimo – è il commento drastico di Veronica Iannozzi, titolare del Jackie’O – e in quanto tale andava assolutamente contrastato. Quello che è un gesto di leggerezza da parte del cliente va a gravare in modo determinante sulle spese dell’azienda. È con queste premesse che a partire dallo scorso settembre abbiamo iniziato a richiedere la carta di credito a garanzia delle prenotazioni per tavoli oltre gli 8 coperti. Una scelta necessaria per un fenomeno in continuo aumento nonostante, per assurdo, siano aumentati anche i canali di comunicazione tra l’insegna stessa e i clienti”.
Sempre a Roma, Casa Coppelle lavora solo su prenotazione e per questa ragione ha dovuto necessariamente affrontare il fenomeno, cercando la soluzione migliore.
“Fino ad ora – riferisce la proprietaria Rachelle Guenot – solo in caso di prenotazioni per tavoli oltre gli 8 coperti, abbiamo chiesto a garanzia un bonifico di deposito forfettario, ma a breve usufruiremo del servizio ‘Incasso senza pensieri’ frutto dell’accordo tra Fipe e Nexi. In caso di disdetta oltre i termini minimi o di no-show permette un addebito forfettario sulla carta di credito del cliente”. Una scelta chiara, soprattutto perché si tratta di un fenomeno “la cui gravità, in termini di impatto aziendale, non viene ancora capita dai clienti che, per avere un tavolo assicurato, prenotano in più ristoranti o per un numero maggiore di coperti rispetto a quelli effettivi”.
“Abbiamo constatato che il fenomeno ha una maggiore incidenza tra la clientela locale – osservano dall’Osteria dell’ingegno – meno tra i turisti che quasi sempre comunicano per tempo la disdetta”. Il no-show pesa per il 15% sulle prenotazioni, ma nonostante questo“non ci è mai sembrato giusto imporre ai clienti la garanzia della loro carta di credito. Crediamo fortemente che l’ospite che prenota una cena al ristorante debba sempre sentirsi libero di cambiare i propri programmi, soprattutto in caso di problemi personali, senza per questo rimetterci di tasca propria per qualcosa che non poteva prevedere. È anche vero però che la mancata presenza provoca un danno all’insegna, la soluzione è a metà strada probabilmente”.
“Le prenotazioni deserte da parte di clienti che oserei definire maleducati hanno fatto inasprire gli animi dei ristoratori che, dopo svariate ‘buche’, non hanno avuto altra scelta che adottare la penale”, osserva Alessandra Ruggeri, cuoca e proprietaria dell’Osteria della Trippa. Sembra che il problema si sia inasprito post-pandemia. “Si è innescato questo meccanismo per cui tutto è concesso – aggiunge – e per una realtà piccola come la mia avere 6/7 persone mancanti su 32 coperti è un problema. Per questo, come altri, ho inserito sulla piattaforma Quandoo una penale (non eccessiva, circa 20 euro a persona) che applico nel momento in cui non si presentano e neppure provano a disdire il tavolo in un tempo ragionevole”. C’è poi un tempo massimo di ritardo (i 15 minuti canonici), dopodiché si chiama chi ha prenotato per capire se rioccupare il tavolo.
Il danno è ancora più significativo per uno stellato come Pascucci al Porticciolo a Fiumicino (una stella Michelin). “Capita e per un locale che ha tavoli limitati pesa – dice lo chef Gianfranco Pascucci – per questo cerchiamo di richiamare prima per avere ulteriore conferma della prenotazione”.
PRENOTAZIONE CON CARTA IN CAMPANIA
Nei locali fine dining in Campania del Gruppo JCo (tra i quali il J Contemporary Japanese Restaurant di Napoli) si cerca di lavorare con un’azione ‘preventiva’ – dal servizio di messaggistica come reminder e al recall 3 ore prima per ulteriore conferma, ma questo non blocca il fenomeno, “Riusciamo ad arginarlo grazie alla lista d’attesa – dicono dal Gruppo – ma purtroppo in una città come Napoli il no-show incide sull’incasso per il 10/15 per cento, soprattutto nel weekend. C’è addirittura chi, dopo avere dato conferma solo poche ore prima, non si presenta al ristorante”.
Negli stellati la situazione si complica, perché avere pochi tavoli significa anche difficoltà a rimpiazzare qualcuno. “Se non raggiungi l’incasso atteso per la serata non arrivi a coprire le spese, ergo un no-show all’ultimo momento è difficile da gestire perché anche se la lista d’attesa è chilometrica non puoi rimpiazzare un ospite all’ultimo minuto”, osserva Paolo Barrale, chef di Aria a Napoli (una stella Michelin). Ecco perché ora si predilige la prenotazione online con carta; “si può attingere dalla fee di prenotazione se il tavolo non è poi occupato, almeno per coprire le spese”, chiosa lo chef.
“Ho risolto 5 anni fa. Chiedo la carta di credito a garanzia con una policy che prevede l’accredito di 100 euro se non ti presenti. Da allora non vivo più il problema del no show”, replica tranchant (e soddisfatto) lo chef Giuseppe Iannotti di Krèsios a Telese Terme nel Beneventano (2 stelle Michelin). “Su questa strada – aggiunge – stiamo ragionando sulla possibilità di avere una prenotazione pre-pagata, anche per dimenticarsi il portafoglio a casa e non pensare a nulla se non a gustare l’esperienza”.
A MILANO SI PENSA ALLA CAPARRA
Gli animi sembrano meno esacerbati a Milano, dove pure il problema esiste.
Al 142 Restaurant di Milano i coperti sono limitati, dunque “il no-show anche solo di quattro persone purtroppo impatta sul ricavo di fine giornata e dunque non ne siamo indifferenti”, rimarca la proprietaria Sandra Ciciriello. “Ci tengo a sottolineare – aggiunge – che il danno si ripercuote anche sull’immagine del locale, perché quando scaglioni i tavoli per far mangiare i clienti con calma e le persone arrivano e vedono il ristorante non pieno si fanno figuracce”. Al momento però necsuna contromisura, “perché in Italia non è ben visto chiedere la carta di credito, ma stiamo pensando di attivarci in tal senso”.
Anche al ristorante greco Vasiliki Kouzina dopo l’estate il problema ha iniziato ad aggravarsi. “Le piccole tavolate riusciamo a riempirle e a gestirci per la serata – spiega il proprietario Vasiliki Pierrakea – ma purtroppo risulta molto difficile per tavoli grandi. Per questo oltre le 8 persone abbiamo pensato di iniziare a chiedere una caparra”.
Con una cinquantina di coperti, per il ristorante Particolare il fenomeno pesa, tanto più che 5 (s)coperti rappresentano il 10% sul totale. “Questo incide significativamente sul bilancio di un servizio e a lungo andare sul bilancio totale dell’azienda – ammette il patron Luca Beretta – Avevamo adottato misure come la prenotazione con carta di credito in garanzia, ma molti risultano ancora diffidenti. Eppure è l’unica via d’uscita. Invece per eventi privati chiediamo sempre un anticipo alla prenotazione”.
ALTA INCIDENZA ANCHE PER LE CATENE
“Per i nostri locali il no-show ha un peso significativo quando si parla di tavoli oltre le cinque persone – spiega Marcello Rizza, CEO delle catene milanesi Quore Italiano e Al Mercato Steaks & Burgers – soprattutto durante il weekend, quando i locali sono pieni. E ci porta anche a perdere i clienti che si presentano sul momento e a cui dobbiamo dire di non avere disponibilità. Abbiamo adottato la strategia dei 15 minuti accademici per garantire il tavolo”.
Anche per la catena lombardo-piemontese Il Mannarino il fenomeno incide notevolmente sulle prenotazioni. “Per cercare di rimediare – riferisce il co-founder Filippo Sironi – inviamo sempre una email di reminder ai nostri clienti e li contattiamo telefonicamente per accertarci che vengano ma, nonostante ciò, i no-show tengono quotidianamente occupati circa il 20% dei nostri tavoli”.
Meno pesante la situazione per una catena italiana e internazionale come Obicà. “In generale, la percentuale dei no-show nei ristoranti italiani del gruppo è contenuta – riferisce l’Operation Manager Fabio Cannas – anche su differenti piattaforme (The Fork e Opentable), soprattutto a Firenze, Roma e Palermo, dove abbiamo un unico ristorante per città. A Milano è un po’ più elevata, perché abbiamo due locali a 800 metri di distanza l’uno dall’altro, e capita che clienti prenotino in uno dei due ristoranti e si presentino poi nell’altro, perché magari non controllano bene l’indirizzo della prenotazione”.
ASSENZE PESANTI IN PROVINCIA
Ci si potrebbe aspettare una maggiore fedeltà in provincia, ma sembra non sia assolutamente così.
“Il no-show pesa circa per il 15% e sembra che non presentarsi al ristorante sia una cosa normalissima, nonostante la prenotazione. Non nego che sia un peso molto importante sui ricavi stimati”, comunica Vincenzo Butticè, general manager del ristorante Il Moro Monza. Ora si sta pensando a una formula per cui viene richietsa la carta di credito a garanzia della prenotazione. “Ovviamente tutto viene gestito con buon senso – precisa il manager – se a un cliente succede un contrattempo o sono clienti fidelizzati allora la carta di credito non la utilizziamo, qualora invece ci si renda conto che sono no-show organizzati appositamente, allora lì scatta la caparra”.
Al Frantoio di Assisi è quasi un’emergenza. “Con l’avvento delle prenotazioni online – afferma lo chef Lorenzo Cantoni – arriva a superare il 30%, un fenomeno che ha fatto registrare un andamento più significativo nell’ultimo anno. Cosa diversa con le prenotazioni dirette, al telefono, dove è più difficile che si verifichi. Per ovviare a questa problematica, nei periodi di più afflusso chiediamo una pre-autorizzazione con carta di credito per garantire il rispetto delle prenotazioni”. Per riservare, ad esempio, un tavolo nei giorni di festività viene richiesto un acconto. “Il no-show comporta non solo mancanza di rispetto nei confronti di chi lavora e di chi avrebbe potuto prenotare – aggiunge – ma anche un danno economico, legato sia alle mancate entrate che ai costi per garantire la gestione”.