L’emorragia pandemica è stata quasi interamente riassorbita. Con questo messaggio, uscito dalla presentazione del Rapporto annuale 2023 di Fipe che si è tenuta ieri a Roma, il settore della ristorazione guarda ai prossimi mesi con cauto ottimismo.
Nel complesso, nel 2022 i consumi alimentari in Italia sono stati pari a circa 260 miliardi, di cui 172 At Home e 82 Away From Home. Il mercato dei consumi fuori casa ha quindi proseguito la ripresa chiudendo l’anno con un valore stimato di circa 82 miliardi a prezzi correnti e avvicinandosi così al valore del 2019 (85,5 miliardi). Va specificato che la ripresa dell’inflazione ha caratterizzato i 12 mesi oggetto di analisi. La variazione media annua dei prezzi è stata nel 2022 pari al 5,1% per la ristorazione commerciale e allo 0,4% per quella collettiva, portando il dato a un incremento del 5% (contro il +8,1% dell’intera economia).
Parallelamente, il valore aggiunto del settore ristorazione è stimato nel 2022 in 43,5 miliardi di euro, per cui prosegue la fase di recupero iniziata nella seconda metà dell’anno precedente, con +18 punti percentuali sul 2021, mentre rispetto al 2019 la metrica è ancora inferiore di 8 punti percentuali.
Ma le difficoltà congiunturali si fanno ancora sentire: in base al Rapporto Fipe, a dicembre 2022 sono 336mila le imprese attive nel mercato della ristorazione, di cui 9.688 hanno avviato l’attività nel corso dell’anno, mentre 20.384 l’hanno cessata, portando il saldo a -10.696 unità.
Nonostante questo, è in significativa ripresa l’occupazione dipendente: le oltre 165mila aziende del settore con almeno un dipendente hanno impiegato, in media, 987.052 lavoratori, portandosi a sole 3.700 unità dai livelli pre-pandemia. E il recupero ha interessato in termini assoluti tutti i settori, ma sono i ristoranti (+9.308), la fornitura di pasti preparati (+8.166) e gli stabilimenti balneari (+3.766) a crescere di più superando i livelli occupazionali del 2019. Anche in bar, discoteche e ristorazione collettiva l’occupazione dipendente migliora, ma resta ancora sotto i valori del 2019.
Da un punto di vista generale, dal mercato del lavoro rimangono ancora fuori una parte di contratti a tempo indeterminato, di donne e di giovani. In termini di produttività, infine, si registra un incremento di tre punti percentuali sul 2021, tornando ai livelli pre-pandemia.
Cresce la fiducia per il 2023
Il 2022 è stato dunque un anno importante per la ristorazione con un ulteriore balzo in avanti verso il recupero, sebbene non ancora totale, delle perdite subite durante la pandemia. Per un ristorante su tre il risultato economico è migliorato mentre per poco più della metà è rimasto sui livelli del 2021. Soltanto per l’11% delle imprese il 2022 non è stato migliore dell’anno precedente, sottolinea Fipe.
Gli imprenditori che operano nel segmento bar sembrano più ottimisti dei colleghi che gestiscono i ristoranti. Oltre il 38% dà un giudizio positivo sull’andamento dell’attività nel corso del 2022 e per appena il 6,2% le cose sono andate peggio. Tuttavia è la stazionarietà della performance ad avere la netta prevalenza.
Anche per l’anno in corso le previsioni delle imprese sono incoraggianti. Il 70% dei ristoranti ritiene di mantenere gli obiettivi conseguiti nel 2022 ma ben 1 su 4 pensa di migliorarli e per i bar il saldo delle risposte tra chi vede prospettive di crescita e chi, al contrario, ritiene di perdere posizioni è positivo per oltre 7 punti percentuali.
C’è un clima positivo, dunque, intorno alla ristorazione italiana. In base al Rapporto di Fipe, nove imprenditori su dieci dicono di essere fiduciosi sul futuro anche se occorre far fronte agli importanti cambiamenti che la pandemia ha generato.
Ed è proprio nei modelli di business della ristorazione italiana che vanno ricercati i punti di forza e di debolezza. Questo è un settore in cui l’imprenditore è anzitutto un lavoratore. Il 93,8% di essi, infatti, svolge la propria attività lavorativa all’interno del proprio ristorante, mentre nei bar, nel 91,9% dei casi, è il titolare ad essere direttamente occupato in azienda. Un imprenditore su due lavora all’interno del proprio ristorante per oltre 9 ore al giorno e uno su tre oltre 10. La media è di 9 ore al giorno. Nei bar il 70% dei titolari lavora oltre 9 ore al giorno e il 35% oltre 10.
Sul fronte delle vendite, nei ristoranti il 62% dei ricavi si realizza tra venerdì e sabato e il 60% a cena. Ovviamente questo dipende anche dal segmento di ristorazione nel quale si opera.
Ripensare i modelli organizzativi
“Il Rapporto di quest’anno racconta di un “rovesciamento” di fronte, poiché nell’anno appena trascorso abbiamo visto rivelarsi l’altra faccia della crisi post-pandemica: dalla crisi della domanda si è passati nel volgere di pochi mesi ad affrontare una crisi di costi – ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, Presidente FIPE-Confcommercio –. Dunque, pur avendo recuperato – magari non completamente, ma piuttosto solidamente – i livelli dei consumi pre-Covid, l’impatto del forte aumento delle bollette e, seppure meno intenso, delle materie prime, ha messo a dura prova la tenuta dei conti economici delle aziende. Rimettere al centro il lavoro di qualità e ripensare i modelli organizzativi delle imprese in termini di sostenibilità sono i due assi portanti di una strategia imprenditoriale per i prossimi anni. La Ristorazione è, e rimane, intersezione tra filiere essenziali e sostanziali del Made in Italy e stile di vita delle comunità. E il suo racconto contribuisce a dare un punto di riferimento più solido all’economia del Paese. Per questo oggi, presentando anche la giornata della ristorazione che si svolgerà il 28 aprile, uniamo numeri e simboli di un settore che merita grande attenzione”, ha sottolineato Stoppani.