Instacart, la società americana di spesa a domicilio fondata nel 2012 a San Francisco, debutta col botto al Nasdaq di New York. Dopo aver fissato un prezzo per azione di 30$ per la sua Initial Public Offering (IPO), l’operazione con la quale le aziende ottengono la diffusione dei propri titoli tra il pubblico, all’apertura degli scambi il prezzo è decollato a 42 dollari per azione, con un incremento superiore al +39% rispetto al prezzo iniziale. La capitalizzazione di mercato è così passata dai 10 miliardi di dollari in fase di lancio a 14 miliardi di dollari dopo il primo giorno di negoziazioni.
Le motivazioni del successo
Il prezzo di lancio era già stato rivisto al rialzo, dal range iniziale di 26-28$ per azione, dopo il successo della quotazione di Arm, società inglese impegnata nel settore dei microprocessori, avvenuta la scorsa settimana: in quel caso, il market cap è aumentato di oltre il 20% nelle quotazioni intraday. L’IPO di Instacart cade dunque in un momento favorevole per il mercato, e non a caso arriva dopo una fase di studio durata quasi tre anni. L’idea della quotazione in borsa era infatti nell’aria dal 2020, quando in seguito alla pandemia le piattaforme di e-commerce e food delivery hanno vissuto un vero e proprio boom. Da allora la società, che opera negli USA e in Canada, ha attraversato fasi piuttosto altalenanti, passando dai 39 miliardi di valutazione proprio nel 2020 ai circa 13 miliardi dello scorso ottobre, a causa dell’evolversi dell’attuale congiuntura economica.
Ora, raccogliendo 660 milioni di dollari con l’emissione di circa 22 milioni di azioni, quella di Instacart è diventata la quarta più grande IPO dell’anno negli Stati Uniti, ponendosi come punto di riferimento per le altre aziende di food delivery. E le prospettive future sembrano essere positive: attualmente la società collabora con la maggior parte dei grandi venditori nordamericani, tra cui Walmart, Kroger e CVS Health, raggiungendo i 7,7 milioni di clienti attivi e i 2,6 miliardi di dollari di ricavi.