Si è conclusa con successo l’edizione 2023 di Food Service Forum, l’evento organizzato da Food Service per la community del fuoricasa, dedicato agli imprenditori e ai top manager della ristorazione e dell’industria. Nel corso della giornata, infatti, i big player del comparto si sono confrontati sui temi caldi per il settore, in un momento economico particolarmente sfidante come quello attuale: quale direzione deve dunque intraprendere la ristorazione commerciale? Qual è il sentiment di operatori e consumatori?
Futuro incerto, ma food componente sociale e culturale
Il panel di apertura, intitolato ‘Scenari macroeconomici: guida per una crescita consapevole’, ha visto Stefania Trenti, Head of Industry Research Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, restituire la fotografia di un 2024 carico di incertezze e una diminuita propensione alla spesa da parte dei consumatori italiani (fino al 25%): “Nel corso del 2024 ci aspettiamo un ritorno del potere d’acquisto da parte delle famiglie italiane, anche se inflazione e incertezza economica continueranno a pesare sulle occasioni di consumo. Nei prossimi 12-18 mesi i consumatori penseranno maggiormente al risparmio, scegliendo e selezionando il proprio consumo domestico e fuoricasa”.
Al netto delle problematicità sopra evidenziate, il cibo resta comunque un fattore culturalmente e socialmente importante per gli italiani rispetto agli altri abitanti dell’Eurozona. Prova ne sia che solo il 14% dei nostri concittadini prevede di ridurre la spesa per gli alimenti, contro il 33% del Regno Unito, il 31% dei francesi, il 23% dei tedeschi e il 21% degli spagnoli. A cosa è dovuta questa cautela da parte dei consumatori? Sicuramente l’effetto del caro-bollette ha messo fortemente in discussione il tesoretto accumulato dalle famiglie italiane durante il lockdown. Pertanto, anche se le previsioni parlano di una riduzione dell’inflazione nel corso del 2024, le incertezze sui redditi influenzeranno le abitudini di consumo e circa il 40% delle famiglie risparmierà sulle cene fuori casa (fonte Ufficio Studi COOP-Nomisma). Senza contare che una fetta dei consumi ooh dell’epoca pre-Covid, con il consolidarsi dello smartworking, probabilmente non verrà più recuperata. Il fenomeno si è delineato chiaramente già nel 2022 coinvolgendo circa il 18% dei lavoratori, con punte del 25% nei centri abitati con più di 250 mila abitanti.
Fondi come opportunità di crescita
Il secondo panel, intitolato ‘Capitali per crescere’ e dedicato al valore aggiunto che questi possono portare alla filiera del fuoricasa, ha visto la partecipazione di Pierluca Antolini, Managing Director DeA Capital, e Marco Belletti, CEO Azimut. Entrambi hanno concordato sul forte interesse da parte dei fondi per il comparto ristorativo: “I fondi hanno un forte interesse per il comparto food– ha affermato Belletti -. È un modello che si presta a una crescita di pdv e in maniera significativa e quindi una penetrazione del mercato molto forte”. In questo senso, la sfida dei fondi di investimento è rappresentata proprio dal riuscire a fornire i giusti strumenti per rendere scalabili quelle che spesso sono ancora imprese a conduzione famigliare, in un panorama imprenditoriale caratterizzato in prevalenza da nanismo (le realtà con meno di 10 dipendenti sono ancora il 64% del totale) e dalla conseguente difficoltà a investire in marketing e digitalizzazione (solo lo 0,1% delle imprese rivela un elevato profilo digitale). “I fondi mettono a disposizione delle imprese italiane non solo risorse economiche e finanziarie – ha proseguito il Ceo di Azimut – ma anche di tipo organizzativo e strategico. Siamo al fianco di quelle realtà che sono nate in modo semplice e su presupposti ‘caserecci’”.
Il supporto dell’industria di marca come booster di crescita
Sul palco di discussione è stata poi chiamata l’industria di marca che sempre più opera con una logica di partnership di filiera all’interno di un preciso ecosistema. A raccontare le strategie e i punti di forza della propria offerta al settore Horeca, due aziende agroalimentari CLAI e Conserve Italia. Accanto a loro, anche il punto di vista di Big Mamma Group, uno dei casi imprenditoriali più dirompenti del panorama ristorativo europeo degli ultimi anni, che sta per aprire anche in Italia, a Milano.
Dalle testimonianze è emerso come il valore aggiunto che l’industria di marca è in grado di fornire alla ristorazione commerciale si fondi soprattutto su: garanzia di qualità costante, supporto nelle attività di formazione del personale e in quelle di sell out attraverso l’organizzazione di master class e degustazioni. Molto importante, infine, anche la capacità di creare prodotti e/o proposte personalizzati e di rispondere in tempi rapidi ai trend di consumo in costante evoluzione.
La discussione si è chiusa con un’intervista a Pietro Nicastro, imprenditore e fondatore di Löwengrube, catena di ristorazione in franchising che promuove in Italia il format del ristorante-birreria autentico bavarese e che in un prossimo futuro guarda a un’espansione all’estero. Su questo punto sono concordi tutti gli attori della filiera nel ritenere che il prossimo grande passo della ristorazione commerciale italiana debba essere la spinta all’internazionalizzazione insieme alla capacità di affermarsi sui mercati esteri.
Presentato il primo Osservatorio Food Court
Infine, l’evento ha anche rappresentato l’occasione per presentare la prima edizione dell’Osservatorio sulle Food Court, realizzato da Food Service in partnerhip con Assofranchising, ATRI, CNCC, Confimprese, Federfranchising e UBRI. Lanciato ufficialmente a inizio luglio, l’Osservatorio analizza la presenza e lo sviluppo di queste “piazze” della ristorazione non solo nel macro ambito dei centri commerciali, ma anche in quello del travel retail sia aeroportuale che di stazione e nelle location urbane. Oltre 150 le location mappate su tutto il territorio nazionale, per un totale di circa 1.350 punti di consumo. Billy Tacos, I Love Poke, La Piadineria, McDonald’s, Old Wild West, le cinque insegne più diffuse nelle food court presenti all’interno dei centri commerciali.