L’ispirazione di diventare imprenditore dell’Horeca, Gabriele Guazzini l’ha tratta dopo un’esperienza a Seattle. Nella metropoli americana ha vissuto nel 2008 un anno intero, tempo sufficiente per visitare e appassionarsi ai molteplici format di ristorazione e bar che animavano la città. Modelli e format che ha poi voluto replicare una volta tornato a Firenze, dove ha esordito nel fuoricasa diventando prima socio dell’enoteca bistrot Sei Divino! e dopo rilanciando il pub fiorentino One Eyed Jack. Acquisita expertise, nel 2017 l’imprenditore Gabriele Guazzini, nato a Prato nel 1974, con altri tre partner ha deciso di compiere un triplice grande salto, inaugurando in rapida successione: il 4 agosto ha alzato il sipario del Black Lodge, birreria artigianale, a seguire il 2 settembre è stata la volta del Kraken Pot, bistrot con menu a base di pesce, infine ha aperto Love Craft, primo whisky bar fiorentino. In ognuno dei tre posti l’offerta è diversa, ma in tutti si cerca di regalare al cliente la giusta atmosfera informale e conviviale, oggi messa a dura prova, tra l’altro, dall’utilizzo frenetico delle tecnologie.
In questa intervista Gabriele Guazzini ha raccontato il suo tour de force professionale e si è soffermato su alcuni punti critici del fuori casa fiorentino.
Gabriele, a Firenze in questa momento che genere di locale va per la maggiore?
Difficile indicare una singola tipologia, diciamo che si cerca l’originalità. Le mode dettano i trend, ma sono temporanee e causano un forte turnover dei locali che aprono e chiudono nel giro di settimane. In generale, comunque, si seguono tendenze di altre città scoperte spesso sui social. Tutto ciò porta i consumatori ad annoiarsi più rapidamente e a esigere sempre cose nuove.
Hai tre locali diversi l’uno dall’altro: differenziare è la parola d’ordine per un esercente?
Diversificare aiuta a ridurre il margine di errore e aumenta il potere di trattativa con i fornitori. I miei locali si distinguono tra loro, ma sono tutti informali con un tocco di eleganza e, soprattutto, li concepisco come luoghi di aggregazione. A noi piace parlare e dialogare con i clienti per creare una bella atmosfera, dimenticando per un istante il cellulare che spesso tende a separare le persone.
E l’aggregazione passa anche dal mangiare con le mani, come avviene nel tuo bistrot di pesce.
Mi piace l’idea di mettere da parte forchetta e coltelli per tornare ad avere un contatto diretto con il cibo. C’è bisogno di sporcarsi le mani senza preoccuparsi di non potere toccare lo schermo del proprio smartphone. Mangiare con le mani è sinonimo di convivialità, come succedeva per le generazioni passate.
A Firenze, l’Horeca sta dando segnali di risveglio. A cosa si deve?
Si è voluto reagire a una situazione stagnante che ha pervaso la città per anni. La voglia di cambiare ha avuto il sopravvento sia nella ristorazione che nei cocktail bar. Eppure si dice che essere titolare di locali a Firenze non sia cosa facile… Confermo e purtroppo uno dei principali ‘nemici’ l’abbiamo in casa. Mi riferisco alla Giunta comunale che spesso impone vincoli, come il recente blocco delle licenze di somministrazione e aperture di nuovi esercizi alimentari nell’area del centro storico della città. Sono provvedimenti troppo generalizzati. Si dovrebbero limitare alcune precise attività commerciali che poco hanno a che vedere con la nostra professione.
Di chi parli esattamente?
Dei piccoli negozi dove si svendono a prezzi bassissimi i prodotti alcolici, senza nessuna tutela per il consumatore, soprattutto più giovane. Questa cosa avviene anche dopo gli orari consentiti per legge. In questa maniera si favorisce il degrado notturno che ferisce la città.
Solo questione di degrado e decoro?
Dimenticando la professionalità si disincentivano gli imprenditori del settore a investire su progetti nuovi e frizzanti. A Firenze il turismo è in calo. Oltre a musei e palazzi storici, i visitatori cercano altre forme di divertimento a base di cocktail bar, bistrot, caffè letterari e live club.