I costi di produzione per le aziende di acque minerali sono saliti alle stelle e rischiano di determinare non solo un aumento dei prezzi al dettaglio, ma anche una vera e propria uscita dal mercato di alcuni marchi per l’impossibilità di trovare i materiali e per assenza di profitto. A lanciare l’allarme è Ettore Fortuna, vicepresidente di Mineracqua, la federazione che all’interno di Confindustria riunisce il 70% del mercato italiano di acqua minerale, per un giro d’affari totale pari a 2,9 miliardi di euro.
La richiesta: 10-15% in più
“La nostra preoccupazione – ha dichiarato Fortuna ad Adnkronos – non è il mercato. Siamo preoccupati per i costi di produzione. Tutto è rincarato in maniera insostenibile, a partire dal gas metano, aumentato del 417%. Anche il Pet utilizzato per bottiglie ha subito un aumento del 92%, così come la carta, con un prezzo raddoppiato, per non parlare del legno per i pallet salito del 108%, o dei trasporti, aumentati del 20%. Non solo siamo di fronte a costi enormi ma anche di fronte alla circostanza che il materiale non c’è”.
Sarebbe quindi necessario ottenere un aumento del prezzo pagato dalla grande distribuzione, che però ha posto un muro di fronte alle richieste dei produttori, determinando una perdita di marginalità per il settore. L’Italia, peraltro, è il Paese in cui l’acqua costa meno rispetto al resto del mondo, con un primo prezzo è di 11 centesimi a bottiglia e un valore premium di 38/40 centesimi. Di fatto, l’aumento che i produttori vorrebbero portare a casa è del 10-15% che, ha precisato Fortuna, significherebbe un impatto per ciascuna bottiglia di un centesimo in più nel canale discount e di circa 4 centesimi per il prodotto premium.
“La nostra sfida è prezzi bassi e volumi alti. Ma se i prezzi non sono competitivi e vengono meno i volumi, allora abbiamo difficoltà a stare sul mercato”.
Secondi al mondo
L’Italia, insieme a Francia e Germania, è tra i primi produttori al mondo di acqua minerale naturale. In una ricerca sulle abitudini di consumo degli italiani, Censis associa l’acqua minerale all’Italian Way of Life: 9 italiani su 10 (90,3%) bevono acqua minerale, mentre 8 su 10 (79,7%) ne consumano più di mezzo litro al giorno.
Il 2021 è stato un anno di crescita per i consumi interni, con un incremento del 2,5% in grande distribuzione e del 4,3% nello specifico canale discount. Ma l’Italia è anche uno dei maggiori esportatori di acque minerali, seconda solo alla Francia in termini di valore: nel 2020, sulla base dei dati raccolti da Nomisma nel Mineral Water Monitor, l’export francese aveva superato i 650 milioni di euro, mentre quello italiano aveva sfiorato i 539 milioni ed entrambi i Paesi, come del resto gli altri competitor (nell’ordine: Belgio, Fiji e Georgia), avevano segnato un calo a doppia cifra (-11% nel caso dell’Italia) sostanzialmente imputabile al covid e in particolare alla chiusura del canale Horeca.
Tasse e investimenti
La difficile trattativa con la grande distribuzione per ottenere gli aumenti non è l’unica partita aperta per Mineracqua, che porta avanti anche la richiesta di riduzione dell’Iva: “La nostra, al 22%, è abnorme rispetto all’Europa. In Francia è al 5,5% e se si riducesse già al 10% sarebbe un beneficio per il consumatore e darebbe ossigeno a noi e grossisti” ha affermato Fortuna. Ed è anche il peso dell’Iva a rappresentare un freno all’incremento dei prezzi, che però è necessario per le imprese al fine di rilanciare gli investimenti non solo in nuovi impianti e distribuzione, ma anche in chiave green.
“Stiamo continuando a investire in sostenibilità e questi investimenti sono difficili da poter realizzare, perché la situazione finanziaria delle nostre imprese è quella che è” ha commentato il numero due di Mineracqua. Oggi il comparto dà lavoro a 45mila persone e l’occupazione è basata in buona parte nelle aree dove si trovano le fonti ovvero in montagna, laddove è difficile trovare un’alternativa di impiego.