Innanzitutto non chiamateli con il loro nome da alcolici, perché non esistono un vino o una birra senz’alcol: si tratta in effetti di un altro prodotto, che andrebbe definito più genericamente “bevanda”.
Fatta questa opportuna precisazione, è evidente che si tratti di un comparto in crescita e ora all’evidenza si aggiungono i dati raccolti da Areté in una ricerca per conto della Commissione europea dedicata ai consumi delle versioni a basso tasso o zero-alcol di birra, vino e bevande alcoliche.
Francia in testa per il consumo dell’alternativa alcol free al vino
Il business è arrivato a 7,5 miliardi di euro e Francia, Spagna e Germania guidano la classifica europea dei consumi delle versioni a basso tasso o zero-alcol di birra, vino e bevande alcoliche.
In particolare, è l’imitazione senz’alcol della birra a rappresentare il principale business, con oltre due miliardi di euro, ma pian piano stanno crescendo anche le “repliche” del vino, con 322 milioni di euro, e degli spirits con 168 milioni. Una sorpresa legata ai vini a basso tenore alcolico riguarda il leader nei consumi: si tratta della Francia, con oltre la metà del totale (166 milioni).
E nella classifica delle alternative ai superalcolici domina la Gran Bretagna con l’equivalente di 98 milioni. Fuori dai confini europei i mercati più ricchi sono quelli di Australia (con un valore stimato di circa 2 miliardi) e Usa (un miliardo).
L’Italia è solo all’inizio
Se in valore assoluto questo segmento rappresenta ancora una nicchia, contribuendo a meno dell’1% del rispettivo mercato di riferimento (anche qui, con l’eccezione della birra), negli ultimi due anni ha registrato una crescita del 18% in un quadro di generale stabilizzazione o riduzione dei consumi di bevande alcoliche. L’Italia però è attualmente ai margini dei margini.
Lo studio Areté stima in circa 8 milioni di euro il mercato delle bevande alternative ai superalcolici nel 2021, pari allo 0,1% del totale della categoria, a fronte dei 78 milioni della Francia. Va un po’ meglio per i cosiddetti “vini dealcolati”, che hanno un mercato nazionale stimato in circa 30 milioni, molto distante da Francia (166 milioni) e Germania (69).
Manca un quadro normativo
“Guardando all’Ue nel suo complesso – ha dichiarato a Il Sole 24 Ore Enrica Gentile, project manager di Areté per il progetto Ue – il mercato delle bevande low/no alcohol diverse dalla birra è ancora in una fase iniziale di sviluppo in tutti i paesi membri, e le relative dinamiche sono ancora in grande evoluzione, ma le attese per i prossimi anni sono di crescite complessive a due cifre. In questo contesto, sono di grande importanza l’innovazione tecnologica e di prodotto, ma anche la possibilità di avere un quadro normativo chiaro, a beneficio di operatori e consumatori”.
A oggi, infatti, non esiste una definizione legale di “bevanda alcolica” nella legislazione alimentare dell’Ue e il quadro normativo varia in modo significativo da un paese all’altro e tra prodotti diversi. E mentre la possibilità di produrre e commercializzare vini dealcolati è stata introdotta dall’ultima riforma Pac del 2021, è vietato etichettare come gin, vodka o whiskey bevande che ne imitano il sapore ma con un tenore alcolico ridotto.