Poormanger, il format specializzato in jacket potatoes declinate in molteplici forme è arrivato a 5 punti vendita, 3 a Torino e 2 a Milano. Siamo stati nel penultimo locale aperto nel capoluogo lombardo, in Via Paolo Sarpi, recentemente ampliato col piano rialzato, per scoprire che il brand ovviamente non ha intenzione di fermarsi, forte anche dell’acquisizione da parte di CirFood Retail, avvenuta nel 2021.
Crescita… urbana
“Dopo uno sviluppo frenato giocoforza dalla pandemia, ora è il momento di fare sul serio, ma siamo solo all’inizio – afferma Leopoldo Resta, Amministratore Delegato di Cirfood Retail. Uno sviluppo che sarà ovviamente massiccio ma “effettuato in maniera sana, senza frenesia, fuori dalle classiche logiche di sviluppo tipiche dei fondi”. Sviluppo che almeno inizialmente “si focalizzerà sulle aree urbane. Siamo abbastanza gelosi di questo brand e prima di vederlo nel travel retail ci vorrà un po’”. Prossime città? “Puntiamo con decisione a Bologna, Padova e Genova”
Stagionalità e filiera
Dal punto di vista del consumatore, la crescita del brand è favorita senza dubbio “da uno scontrino medio decisamente basso, attorno ai 12 euro e da una tipologia di offerta e servizio che riesce a rivolgersi ad un target decisamente ampio e trasversale, dagli studenti alle famiglie, a pranzo e cena”. Senza considerare il fatto che i piatti sono decisamente instragrammabili, un must al giorno d’oggi.
Il menù segue la stagionalità dei prodotti e cambia 4 /5 volte all’anno ed è interessante osservare come nonostante l’acquisizione da parte di un big il format sia riuscito a mantenere molti dei piccoli fornitori storici.
Sostenibilità a 360
Oltre a essere completamente plastic-free, il brand è impegnato anche sul sociale. Tra i progetti attivati vi è infatti anche la collaborazione con l’associazione riminese Linkaut, che ha l’obiettivo di formare il personale dei locali Poormanger perché siano capaci di accogliere al meglio le persone autistiche, le loro famiglie, garantendo un’esperienza di un pranzo sereno nei ristoranti della catena.
Cosa assolutamente non banale, perché come spiega il cofondatore della catena, Daniele Regoli “accogliere nel migliore dei modi i bambini autistici mettendoli a proprio agio, crea un livello di fidelizzazione altissimo anche con le famiglie, che saranno sempre ben disposte a tornare”.