“Avviare un’attività profittevole nel settore della ristorazione è un’impresa impossibile senza un cambio netto di mentalità che abbracci la tecnologia e guardi al mercato con ottica imprenditoriale”. A raccontarlo è Paolo Colapietro, Ceo e co-founder di Kuiri, la cloud kitchen tutta italiana che sta cambiando le regole del gioco della ristorazione e del cibo urbano supportando la crescita del mondo tech-food e delivery. E che ora punta con decisione ad esportare il modello all’estero con nuove aperture a Berlino, Parigi e Londra.
Kuiri, che in esperanto significa “cucinare”, è nata solo due anni fa a Milano da un’intuizione di Paolo Colapietro e Alessandro Righetti, quella di mettere in contatto i professionisti della ristorazione offrendo loro uno spazio “neutro” (e altamente tecnologico) dove cucinare, aiutandoli ad accelerare ogni tipo di startup nel settore alimentare, riducendo i costi e condividendo spazi e idee. Kuiri è diventato in breve un vero e proprio network di cucine metropolitane a disposizione di brand virtuali e delivery, emergenti o affermati. Oggi opera a Milano, Torino e Roma con 7 digital food hall, in cui sono presenti tra le 8 e le 15 cucine indipendenti, ha oltre 60 clienti e più di 80 virtual brand.
Un modello di business che sembra andare a gonfie vele e che, in un’ottica di espansione, ha portato l’azienda (dopo i primi 5 lab autofinanziati) ad avviare una campagna di equity crowdfunding su Mamacrowd, raccogliendo 165mila euro solo nelle prime 48 ore. “Abbiamo tutte le competenze e la tecnologia per espanderci e far diventare Kuiri un grande brand globale” afferma Colapietro, forte di 137mila ordini processati, dei quali 35mila nel primo anno di attività e con un fatturato di 1 milione di euro nel 2021 raddoppiato a 2 milioni nel 2022. A credere nel progetto imprenditori di rilevanza nazionale come Nicoletta Zampillo della famiglia Del Vecchio. Come è possibile immaginare, anche per Kuiri i costi di startup pesano sulla gestione di tutto il network, ma sono mitigati dalla buona redditività dei singoli lab che presentano un Ebitda positivo già dal primo anno, con margine superiore al 35% a regime.
Il modello di produzione “conto terzi”: zero burocrazia e logistica
Da qualche mese, Kuiri ha messo a punto anche un nuovo modello di business: il commissary-kitchen, ovvero la produzione conto terzi, che apre il mercato italiano al virtual-franchise. “In pratica, produciamo direttamente il brand nel vero senso della parola – racconta Alessandro Righetti, co-founder e cco della startup – Siamo in grado di azzerare burocrazia, assunzioni, logistica e attirare soprattutto il crescente mercato dei food brand dall’estero e le multinazionali, che possono testare il proprio business in tempi rapidi affidandosi alla nostra struttura”. Il successo di Kuiri è anche dovuto a una propensione all’innovazione. “Per noi è fondamentale restare sempre al passo con le ultime tendenze tecnologiche – aggiunge Righetti -, puntando sull’Intelligenza Artificiale e l’automazione in cucina per offrire servizi all’avanguardia”.
I vantaggi di delivery e multiordine
Tra gli asset che il team di Kuiri mette a disposizione dei propri clienti c’è un sistema di cassa centralizzato per semplificare tutte le possibili complicazioni di un business basato sul delivery. Inoltre, attraverso l’app Kuiri Megamix, la piattaforma proprietaria permette al consumatore finale di fare un multiordine, ovvero acquistare l’intera offerta con un unico ordine e un unico servizio di consegna a disposizione di tutti i brand del network. “Grazie al multiordine riusciamo a ottimizzare al massimo il lavoro dei nostri rider che si muovono al 70% su bicicletta – spiega Colapietro -. Possiamo dire senza tema di smentita di essere il primo operatore italiano del settore e questo grazie ai nostri asset tecnologici e ai numeri che siamo stati in grado di produrre. Il Ceo dell’azienda prevede un futuro roseo per il tech food: “Operiamo in un mercato, quello del food delivery e pickup, con margini di crescita impressionanti: in Italia raggiungerà i 2 miliardi di euro nei prossimi 5 anni”.