Una rete di 165 ristoranti a fine 2017 in 35 città, senza contare centri commerciali e factory outlet, un fatturato consolidato vicino ai 60 milioni di euro e supportato da risultati economico-finanziari di tutto rispetto, più di 600 dipendenti nei soli punti di vendita gestiti direttamente, oltre 12 milioni di piadine sfornate ogni anno e una media di 35.000 clienti serviti al giorno.
Lanciato nel 1994 dall’omonimo gruppo bresciano, La Piadineria è una catena in costante sviluppo, che in questi anni ha fatto dell’originalità del format e del posizionamento un punto di forza e un tratto distintivo. E proprio mentre andiamo in stampa, Permira, società d’investimento attiva a livello globale, ha annunciato di aver sottoscritto, attraverso una sua controllata, un accordo vincolante con IDeA Taste of Italy, fondo specializzato nell’agroalimentare gestito da DeA Capital Alternative Funds SGR, che deteneva il 70% del gruppo bresciano, per acquisire il controllo di La Piadineria. Tornando alla storia e ai motivi del successo della catena, Donato Romano, CEO del gruppo La Piadineria, sottolinea innanzitutto la soddisfazione di «essere riusciti a implementare con successo un modello imprenditoriale d’eccellenza, che sposa l’efficienza operativa tipica dei processi industriali al rispetto di una produzione artigianale e ha notevoli potenzialità di sviluppo».
Cosa distingue la vostra proposta?
Siamo la più importante catena italiana di fast casual food, una formula che coniuga fine dining e fast food. In sostanza, questo significa massima attenzione alle materie prime (rifornite fino a tre volte alla settimana ai ristoranti) e quindi cibi genuini, freschi, 100% italiani, cucinati al momento, proposti con un servizio veloce ed essenziale. Tutto questo a un prezzo accessibile: il nostro scontrino medio si attesta sui 6,50 euro. Alla base dell’offerta ci sono soltanto tre tipi di impasto, classico, integrale e KamutBio, arricchiti con combinazioni d’ingredienti potenzialmente infinite.
Quali riflessi esercita una tale varietà sul target de La Piadineria?
La nostra clientela spazia nel range 24-55 anni ed è equamente suddivisa tra uomini e donne, con una leggera prevalenza di queste ultime. Il format è verticale e altamente specializzato: solo in alcuni casi, alla somministrazione delle piadine si affianca il servizio di caffetteria.
Come lo applicate nei centri commerciali?
È vero, il nostro è un format assolutamente scalabile e modulare. Per questo, si adatta a diverse tipologie di location, tanto da essersi rivelato un successo anche nei centri commerciali e nei factory outlet village e retail park. Il canale degli shopping center, per anni caratterizzato da un’offerta food di basso profilo, ha rappresentato per noi una grande opportunità di sviluppo: con La Piadineria offriamo a un pubblico vastissimo un prodotto di alta qualità a un prezzo abbordabile. In queste realtà il format è declinato su soluzioni diverse: si va dai ristoranti all’interno delle food court, con sedute comuni, a locali più ampi, con sedute brandizzate a disposizione della clientela.
Qual è la strategia del Gruppo sul fronte del procurement? Come selezionate i vostri fornitori?
L’approvvigionamento delle materie prime food e beverage avviene direttamente nella sede centrale: la selezione è fatta internamente e il primo e fondamentale criterio su cui si basa è la qualità. Naturalmente puntiamo anche alle economie di scala, per cui quanto più gli acquisti sono consistenti, tanto più possiamo ottenere condizioni vantaggiose da parte delle aziende di produzione. Ciò significa che è nostro interesse disintermediare il più possibile gli acquisti, puntando ad accordi diretti con i principali produttori. Noi assicuriamo un servizio chiavi in mano a ogni punto vendita, che riforniamo anche più volte alla settimana delle materie prime (impasti freschi e prodotti per la farcitura) e di tutto ciò che serve alla conduzione dell’attività.
Nel 2016 il gruppo ha implementato una grande operazione di restyling. Quali sono gli obiettivi dell’operazione?
Da qui è nato il progetto “downtown”, una linea di ristoranti caratterizzati da un design urbano e contemporaneo e da un servizio rapido ed efficiente. A Milano ne abbiamo aperti 7 in zone strategiche come corso Garibaldi, quartiere Isola, zona Tortona, piazza Cinque Giornate, piazza Velasca, Porta Venezia e City Life, cui si aggiungono le aperture in via Vittor Pisani (fine 2017) e piazza Duca d’Aosta (inizio 2018). Un altro filone è quello che definiamo “high traffic road”: locali più ampi per allargare le occasioni di consumo e coinvolgere anche il target famiglie.
Quali sono gli obiettivi di sviluppo del Gruppo per il 2018?
Sarà un anno dedicato al consolidamento della rete in tutti i canali presidiati, dai centri commerciali agli outlet e ai centri urbani. Continueremo anche a lavorare sul perfezionamento di nuovi format, come ospedali e altri agglomerati commerciali. Quanto al rafforzamento della rete, puntiamo a confermare il trend degli ultimi anni, con una quarantina di nuove aperture. E con un occhio attento allo sviluppo nel mercato francese, dove siamo già presenti con due locali a Nizza e a Marsiglia, aperti nel primo semestre 2017.