Arrivato la scorsa primavera ad affrontare la difficile prova di una piazza esigente e severa come quella di Milano, il primo dicembre scorso ha già fatto il bis, con un nuovo locale in viale Premuda: Muu Muuzzarella, dopo i successi “casalinghi” di Napoli, sta conquistando anche i milanesi e comincia ad annusare l’aria di altri luoghi e latitudini.
Il format tutto dedicato alla Mozzarella di Bufala Campana Dop, proposta con una generosa dose di creatività, è la concreta dimostrazione di come sia possibile valorizzare e dare nuova linfa a un prodotto di grandissima qualità, e tuttavia “relegato” da sempre a utilizzi tradizionali come la pizza o gli antipasti.
A crederci fortemente sono stati, soltanto pochi anni or sono, due giovani imprenditori napoletani (nella foto sopra) con il pallino della ristorazione e del business, ma con un curriculum decisamente lontano da fornelli e latticini. Salvatore Maresca, che abbiamo incontrato nel secondo locale aperto da pochi giorni all’ombra della Madonnina, lavorava in ambito finanziario. Dario Moxedano si era fatto le ossa nel mondo del calcio, distinguendosi come uno dei più giovani agenti Fifa.
Perché avete puntato proprio sulla Mozzarella di Bufala Campana Dop?
Volevamo impegnarci nel mondo della ristorazione, ma con un progetto non banale: questa era la nostra mission. Abbiamo immaginato di proporre un concept non tradizionale incentrato su un prodotto riconoscibile del nostro patrimonio alimentare. All’inizio del decennio la pizza era ancora un prodotto “povero”, lontano dal boom che sta vivendo in questo momento. La trattoria ci sembrava già ampiamente sfruttata. E allora abbiamo pensato alla Mozzarella di Bufala Campana Dop (se Bulgari aveva investito nel format Obicà, doveva pur esserci un potenziale, afferma sorridendo Salvatore Maresca, ndr), riflettendo sul perché un prodotto così speciale e apprezzato fosse, in realtà, utilizzato alla stregua di semplice antipasto, condimento per la pizza o contorno ad altre preparazioni, senza assurgere al ruolo di protagonista. L’idea era rivoluzionare l’approccio al prodotto, creando un connubio con la dieta mediterranea, attraverso la messa a punto di piatti creativi dal sapore tipicamente italiano, ma con un approccio moderno e cosmopolita.
Quali sono gli step fondamentali dello sviluppo?
Il primo locale lo abbiamo aperto nel 2013 a Chiaia: 47,5 mq, una ventina di coperti, una cucina adatta al menu e un angolo per l’esposizione di dolci e mozzarella. Una decisione non priva di coraggio, considerando che era scoppiato lo scandalo della “terra dei fuochi”. Inoltre, a quei tempi, il Consorzio di tutela secondo noi non faceva abbastanza “sistema” per sostenere il prodotto: per fortuna, negli ultimi 3-4 anni ha cominciato a operare nel modo giusto. L’anno della svolta è stato il 2016, con le aperture di Napoli in via Partenope e al Vomero e la positiva esperienza del pop-up store a Porto Cervo. Nel 2019 abbiamo deciso di scommettere su Milano, la città giusta per capire se il format funzionasse lontano dalla Campania: il successo del locale di via Raffaello Sanzio è stato tale da anticipare l’apertura del secondo, in una zona che ci interessava molto, e iniziare a progettare un terzo Muu Muuzzarella meneghino nel 2020.
Finora avete aperto a Napoli e Milano in zone molto importanti: sarà così anche in futuro?
In effetti finora ci siamo orientati su zone alto residenziali e mediamente commerciali: per esempio, non riteniamo adeguate al format aree come via Roma a Napoli o via Torino a Milano. I luoghi ideali sono quartieri residenziali con scuole, uffici, aziende. Il primo ristorante è a 700 metri da City Life, in una zona ricca di locali, mentre il secondo è a poche centinaia di metri da San Babila, area di grande passaggio e di elevato valore immobiliare. In futuro le scelte dipenderanno dalle opportunità. Muu Muzzarella si declina in tre tipologie di format: il piccolo e glamour Flagship store, che può trovare collocazione anche in centri commerciali di prima fascia e nel travel retail; il Representative store, adatto a un pubblico più ampio e lo Standard store, ideale per zone residenziali e commerciali.
A quale target vi rivolgete?
Il nostro è un pubblico davvero molto variegato per età e capacità di spesa: potremmo dire che spazia dal ragazzo all’anziano. Non a caso, abbiamo un menu che consente di spendere dai 20 ai 40-50 euro, soddisfacendo qualsiasi esigenza.
Come gestite il menu dal punto di vista dell’organizzazione in cucina?
L’idea, sin dall’inizio, è stata quella di esaltare la qualità della Mozzarella di Bufala Campana Dop declinandola in tutta una serie di ricette e abbinamenti, spesso insoliti, ma anche in lavorazioni diverse: creme, spume, fondute, ecc. Fino al 2018 gestivamo il menu direttamente, mantenendo l’ossatura costituita da 14-18 piatti riconoscibili, che rappresentano le nostre “signature”. Dal 2019 abbiamo cominciato a investire sulla standardizzazione dei menu e dei processi, fondamentale per ogni format che voglia essere replicabile.
Come selezionate i fornitori?
Per noi i fornitori sono veri e propri partner, con cui abbiamo rapporti diretti, sviluppando talvolta insieme i prodotti. È il caso della mozzarella, per la quale ci affidiamo a Marrandino di Cancello e Arnone (Caserta): il latte viene da bufale selezionate, le mozzarelle sono mozzate a mano e, pronte verso le 20-20:30, arrivano ai ristoranti alle 7 del mattino dopo. Anche le conserve e gli oli sono campani, mentre per il freschissimo abbiamo fornitori locali.
Quanto incide la vendita diretta dei prodotti?
Per noi si tratta di un servizio che completa la nostra offerta. Diciamo che i risultati sono buoni, ma dipendono dalle città: a Milano, dove il consumo è ridotto, quando i clienti capiscono la bontà del prodotto, lo acquistano. A Napoli il consumo è nettamente superiore, ma lo è anche la concorrenza dei tanti negozi che vendono mozzarella.
E il delivery?
Abbiamo individuato nel nostro menu una serie di piatti che si prestano bene, ovviamente non tutti, perché non sempre possono arrivare a destinazione nelle condizioni ottimali: penso ai fritti, alla pasta e patate, al cheesecake, vero best seller. Purtroppo i costi sono ancora altissimi (27-30%), per cui il delivery lo facciamo soprattutto in chiave di visibilità e servizio.
Quali sono le prossime tappe dello sviluppo? Pensate di aprirvi all’ingresso di partner finanziari?
Fino al 2018 abbiamo fatto tutto da soli e solo nell’ultimo anno abbiamo ricevuto l’attenzione del mondo bancario e l’interessamento di alcuni investitori privati per lo sviluppo del brand all’estero, in paesi quali Germania, Francia e Spagna. Al contempo, stiamo cercando di capire se possiamo essere appetibili anche da fondi di private equity, che potrebbero entrare nel capitale sociale e accelerare la nostra crescita. Un nostro sogno nel cassetto è quello di aprire un flagship store a New York: ci stiamo già lavorando. Bisognerà progettare una produzione di mozzarella in loco, che darebbe risultati più che soddisfacenti.