Per chi la conosce bene sa che Maida Mercuri è una persona solare, che sa il fatto suo e non ama sollevare polemiche futili. Se però da difendere una giusta causa, la troviamo spesso in prima linea. E in questo caso la questione la riguarda da vicino, visto che il suo settore, quello della ristorazione, a causa dell’emergenza sanitaria causata dal coronavirus è finito in una tempesta molto agitata. Il lockdown ha paralizzato il settore e per evitare un tracollo di massa. Ora è necessario un immediato intervento da parte delle istituzioni. Proprio verse queste ultime, la proprietaria dello storico ristorante Pont de Ferr di Milano, punta il dito. Un j’accuse schietto: state emarginando la ristorazione e dimenticando il suo valore strategico per l’intero paese.
La Signora dei Navigli, come molti milanesi affettuosamente amano chiamarla, è scesa in campo affiancando la ‘rivolta’ pacifica ma arrabbiata di una larga fetta di ristoratori italiani. Un flash mob organizzato dal Mio (Movimento Imprese Ospitalità) al quale hanno aderito, da Nord a Sud, ben 150 mila rappresentanti del fuori casa. Tutti insieme, alle ore 21 del 28 aprile, hanno deciso di ritirare su la saracinesca del loro locale, accendendo le luci all’interno. Un atto dimostrativo per richiamare l’attenzione della politica accusata di non mantenere fede alle promesse di aiuto economico. Il giorno dopo, ogni delegazione locale di ristoratori ha poi consegnato al proprio sindaco le chiavi dei locali che hanno preso parte all’iniziativa.
Tornando al nocciolo della questione, i finanziamenti annunciati dallo Stato ed erogati tramite gli enti bancari non sono quindi ancora arrivati. Ma intanto la data del 1 giugno, quando si sbloccheranno bar, ristoranti, pasticcerie e così via, non è così lontana. Anzi troppo ravvicinata, come dichiara al telefono Maida Mercuri, contattata da Foodserviceweb il giorno dopo la protesta.
Il 1 giugno la ristorazione riapre i battenti. E quindi?
E quindi io sarà tra quelli che non riapriranno se, da qui ad allora, le istituzioni non saranno venute in soccorso di molti ristoratori. Penso di parlare a nome di molti miei colleghi. Così come sono messa ora, non penso di garantire la sopravvivenza della mia attività. Le spiego meglio. Nel mio ristorante ho 70 posti a sedere e, con le regole della distanza sociale, ne potrò utilizzare al massimo 30. Se va bene, fatturerò si e no 1500 euro al giorno. Come pensa che, con un simile incasso, possa pagare lo stipendio dei miei dipendenti e i vari costi fissi? Si rischia di ripartire, fin da subito, da una situazione destinata a essere fallimentare. Inoltre, siamo proprio sicuri che il 1 giugno i clienti accorreranno in massa nei ristoranti. Personalmente ho più di un dubbio a riguardo.
Voi ristoratori vi sentite una categoria di lavoratori dimenticati?
Spiace rispondere che è proprio così, ma aggiungo che ci sentiamo anche presi in giro. Dei tanto ventilati prestiti bancari da 25 mila euro non se ne vede ancora l’ombra. Il Comune di Milano ci ha promesso un ‘obolo’ da 5 mila euro a fondo perduto: non possiamo fare miracoli con questa cifra. E per di più anche in questo caso, non s’è visto niente.
Ma i prestiti di Stato prevedono anche degli interessi. Non la spaventa?
No, anche perché sono obiettivamente tassi agevolati. Sposo pienamente quello che ha sostenuto il presidente francese Emmanuel Macron: meglio indebitati, che falliti. Il problema è che alcune banche non sono poi così propense a erogare questi prestiti. Anche se uno ha i conti in regola, come avvenuto al ristorante Taglio obbligato a chiudere dopo che la sua banca ha rifiutato di concedere il prestito da 25 mila euro.
In questi mesi di lockdown, lei che perdite economiche ha registrato?
Sommando tutto ho accusato un gap di circa 100 mila euro. Ma non mollo, voglio lottare per tenere in vita il mio ristorante, pur sapendo di dovere fare sacrifici enormi.
Milano è pronta a riaprire il 1 giugno i locali e ristoranti?
Secondo me no, perché se le istituzioni non si sono fatte vive fino a oggi, dubito che per quella data i necessari finanziamenti siano stati sbloccati.
C’è però qualche suo collega che scalpita per alzare la saracinesca…
Posso garantirle che la stragrande maggioranza di chi fa il mio mestiere è contrario a tornare in pista il 1 giugno. Chi, invece, auspica la riapertura per quella data è sinceramente un disperato che spera di raccattare quello che può. Mi spiace usare queste parole dure, capisco lo sconforto di molti ed è vero che siamo molti a essere disperati in questo momento, ma davvero penso che sia un bene per tutti tornare a lavorare quando sussisteranno le condizioni per assicurare protezione sanitaria ed economica.
Ha per caso avviato il delivery?
Sì, da una decina di giorni. Non conoscevo molto il servizio e devo dire che mi sta incuriosendo e regalando qualche piccola gradita sorpresa. Con le consegne a domicilio dei nostri piatti abbiamo avuto la possibilità di imbatterci in nuovi clienti. Il delivery non è il salvatore assoluto della ristorazione, ma un asset aggiuntivo che io penso di mantenere in futuro.
È possibile ordinare anche vino? Considerando la ricca cantina del Pont de Ferr…
Certamente. Tenga conto che ogni bottiglia la vendo applicando un prezzo da enoteca e non rincarato come al ristorante.
Lei quando pensa di riaprire?
E chi lo sa. Attendo riscontri dagli enti citati prima. Quando riapriremo dovremo comunque osservare ogni singola regola sanitaria. È nostro dovere assoluto farlo. Guanti e mascherine saranno obbligatori e vedrete che presto ci abitueremo a indossarli anche al ristorante. Un po’ come quando hanno iniziato a vietare ai commensali di fumare all’interno dei locali. Rimango però titubante sull’uso del plexiglass. Mi rattrista. Sarebbe come cenare bendati, non crede?