La consegna a domicilio secondo i ristoratori

L’inattività da Covid-19 e le regole per la ripresa segnano la ripartenza degli esercenti. E nel loro nuovo modello di business recapiti e take away sono ora delle opportunità. Ecco come li interpretano alcuni di loro

I ristoranti stanno riaprendo i battenti. L’esperienza del lockdown ha segnato per tutti la necessità di ripensare alla propria attività: molti, dai pluristellati alle trattorie di quartiere, ne hanno approfittato per misurarsi con il delivery e il take away. Un’esperienza declinata in modi diversi, che forse non tutti proseguiranno, ma che ha dimostrato il forte desiderio di non mollare e di mantenere saldo o di voler costruire un legame con una clientela che consegna e asporto potrebbero aver diversificato e arricchito.

MENU E CUCINA “AD HOC”

Per Roberto Di Pinto, chef e patron di Sine Ristorante Gastrocratico di Milano, l’idea iniziale era semplificare: «In realtà, dopo un po’ di prove, ho preferito sviluppare una linea di cucina che rappresentasse la nostra filosofia, con piatti dedicati al delivery. La regola è proporre un menu diverso da quello del ristorante, tanto che abbiamo creato un nuovo brand, Sine Fucina Napoletana, e una selezione di piatti della tradizione rivisitati con un twist mediterraneo». Per i primi classici, lo chef ha messo a punto un kit che include ingredienti e istruzioni per cucinare il piatto.

Al Sestogusto di Torino, Massimiliano Prete ha creato due menu: uno per il delivery e uno per l’asporto. «Le nostre pizze gastronomiche vengono guarnite al momento, un attimo prima di arrivare al tavolo, per garantire fragranza e perfetto equilibrio dei sapori. Per regalare le stesse emozioni anche a casa, abbiamo creato un servizio delivery + tutorial: il cliente riceve a domicilio tutto il necessario, confezionato singolarmente (base e topping) e, grazie a un video tutorial, completa la sua pizza appena prima di gustarla».

Semplificare i piatti mantenendo la filosofia del ristorante è stata la scelta di Stefano Sforza, chef di Opera, ristorante torinese che in aprile ha festeggiato il suo primo anno senza torte e candeline, ma decidendo di riaccendere i fornelli per il delivery.

Il-delivery_l'asporto-Ristorante-Opera

Anche l’alta ristorazione ha accettato la sfida senza troppi tentennamenti. Lo chef Claudio Sadler ha aperto per la prima volta la sua cucina alla consegna a domicilio, scegliendo come partner Cosaporto.it, servizio di quality delivery che riunisce grandi firme della ristorazione e della pasticceria. «Il ristorante stellato riapre dal 3 giugno per proporre come sempre fine dining a cena. Per il 4 giugno è fissata la riapertura di Chic’n Quick, con servizio a pranzo e a cena da martedì a sabato (i due locali sono ubicati nello stesso palazzo, ndr), ma delivery e take away restano invariati».

Sadler – Riso basmati con gamberi, verdurine, mandorle e salsa al curry

Massimiliano e Raffaele Alajmo, tre stelle Michelin con il ristorante Le Calandre e una costellazione di locali in Italia e non solo, una produzione di piatti e prelibatezze la proponevano già nel loro shop In.gredienti: «E così abbiamo aggiunto una selezione di piatti d’alta qualità, anche se ovviamente non complessi come quelli del ristorante: una proposta rinnovata quasi quotidianamente».

RIORGANIZZAZIONE DELLA SQUADRA

Va da sé che i rifessi sull’organizzazione della cucina sono notevoli. «Si tratta di un lavoro molto diverso. Si mettono i prodotti nei box: la cura nel prepararli è la stessa, ma viene meno la presentazione e in parte anche la qualità, in quanto le preparazioni arrivano a casa dopo un po’ di tempo. Il menu è molto ristretto, due/tre primi, due secondi, tre contorni e un dolce da preparare al momento. Per la pizza è molto più semplice, è un prodotto che ben si adatta al delivery» ammette Massimo Di Porzio, patron del Ristorante Pizzeria Umberto, Presidente di Fipe Napoli e Vicepresidente Associazione Verace Pizza Napoletana. Inutile dire che consegna e asporto si sono rivelati uno strumento ideale per la rioccupazione almeno parziale della forza lavoro. «Siamo in tre in cucina – sottolinea Sforza – e spero rientrino a breve anche gli altri: ovviamente il lavoro è minore, per il ristorante ci sono più passaggi. Quanto alle materie prime, il rapporto con i fornitori non è cambiato: il mercato di Porta Palazzo ha riaperto pochi giorni dopo che avevamo avviato il delivery, per la carne abbiamo un macellaio di fiducia e lo stesso per le farine, che acquistiamo dal mulino Fruttero di Fossano».

La “squadra” di Sadler è composta da due addetti in cucina, un lavapiatti e due persone in sala. «Facciamo le cose di sempre, cambia solo il packaging. A ciò va aggiunto che diverse pietanze richiedono la collaborazione del cliente perché sono da finire, secondo indicazioni che forniamo noi».

Sine ha sbloccato dalla cassa integrazione un cuoco, un cameriere per le consegne e l’assistente al lavaggio. Aggiunge Di Pinto: «I fornitori si sono scervellati per capire come aiutarci: alcuni hanno sviluppato una linea rapida per le consegne, due-tre volte alla settimana. Naturalmente anch’io mi sono mosso, per esempio andando talvolta al mercato del pesce».

Per le sue pizze delivery e da asporto, Massimiliano Prete utilizza le materie prime che normalmente appaiono in carta (solo ridotte) e quasi tutte provengono da fornitori a km 0, il che ha minimizzato i problemi di approvvigionamento. Per quanto riguarda Le Calandre, «il delivery è gestito direttamente da Massimiliano e dal suo braccio destro: le consegne all’inizio erano garantite da noi nel raggio di 15 km. Nelle settimane del lockdown – spiega Raffaele Alajmo – ci siamo orientati su materie prime che permettessero cotture più salutari e “solide”, meno rischiose (niente carni al sangue o pesci crudi), con fornitori locali per frutta e verdura e con quelli abituali per carne e pesce».

MOLTO “FAI DA TE” PER LE CONSEGNE

A chi affidare il delivery? Le risposte rivelano come spesso i ristoratori si siano orientati su una gestione diretta: questione di maggiore cura per la consegna di piatti che devono arrivare integri al cliente, di opportunità di stringere un rapporto più diretto e proficuo con chi ordina e di percentuali richieste dalle piattaforme giudicate così elevate (anche il 30-35%) da rendere il servizio antieconomico. E così, Sine ha scelto di fare il delivery in modo indipendente, attraverso i social e il sito. «Stiamo sviluppando una piattaforma indipendente – annuncia Di Pinto – insieme a una trentina di ristoranti di Milano e stiamo scegliendo i partner logistici: l’obiettivo è dividere i costi e avere un servizio che ci rappresenti al meglio».

Sestogusto ha personalizzato il delivery affidandolo ai membri dello staff: «È stata un’ottima occasione anche per farci conoscere da nuovi clienti, conquistati dalla qualità del prodotto, dalla bellezza dei packaging e dalla nostra efficienza». Da Opera le consegne le fa il maître: «Molti si sono avvicinati a noi proprio grazie al delivery (più comodo dell’asporto) e spero torneranno anche al ristorante, vincendo la “ritrosia” ad approcciare il fine dining».

Alajmo riflette sul fatto che durante il lockdown la consegna era rapida e comoda: zero traffico, possibilità di consegnare con la massima flessibilità. «Adesso l’elasticità non è più possibile e, oltretutto, il lavoro è calato perché l’offerta si è moltiplicata. Punteremo su orari serali, con tempistiche di consegna più lunghe, per cui occorrerà appoggiarsi a servizi esterni».

Sadler allarga la riflessione al take away, uso soprattutto dai clienti abituali, e rivela il progetto di “skischeating”, un servizio pensato per il quartiere che dovrebbe partire a breve.

A Napoli, il Ristorante Umberto si affida a un’unica piattaforma solo per le consegne fuori Chiaia: «In questa fase è importante fidelizzare anche i nostri vecchi clienti in zona con delle piccole attenzioni, che in un momento difficile come questo rappresentano una “carezza” sempre gradita».

© Riproduzione riservata