Ci sono notizie la cui lettura può provocare un misto di rabbia e curiosità. Così è stato nell’apprendere che l’Agenzia delle Entrate (in aperto contrasto con quanto indicato dal ministero dell’Economia e delle finanze dalla quale dovrebbe dipendere…) ha fornito una discutibile interpretazione della legge Iva e delle direttive comunitarie, ovvero quella di tassare il cibo in take away e delivery al 22% anziché al 10%. Una misura gravosa per un settore che fa fatica a rialzarsi. E verrebbe davvero da chiedersi. Perchè?
DELIVERY NON CONSIDERATO SOMMINISTRAZIONE
Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, il cibo ritirato o consegnato al cliente non è da classificarsi come somministrazione, che può usufruire dell’Iva agevolata al 10%, bensì è da considerare come vera e propria cessione di beni, con aliquota al 22%. Un’interpretazione miope della legge, che davvero si fatica a capire, in un momento nel quale si chiedono sacrifici a tutti e soprattutto alla luce del fatto che proprio take away e delivery stanno consentendo all’intero comparto quantomeno di restare a galla.
LE ACCUSE DI PRESSAPOCHISMO DELL’EX MINISTRO
Raggiunto dal quotidiano Il Giornale, Enrico Zanetti, dottore commercialista ed ex viceministro all’Economia, non le manda certo a dire: “Qui si scontano il pressapochismo politico del ministero dell’Economia e l’ottusità tecnica dell’Agenzia che giocano a farsi i dispetti sulla pelle di un settore già in ginocchio. Ora serve una norma di interpretazione autentica, altrimenti, per fare un’effimera bella figura politica, si lasciano consapevolmente esposti i contribuenti interessati alle contestazioni dell’Agenzia che la pensa diversamente”.
INTERPRETAZIONE DI UNA DIRETTIVA EUROPEA
Abbiamo chiesto lumi al dottor Marco del Grosso di Como, dottore commercialista, che segue diversi ristoranti e take away del capoluogo lariano. “L’interpretazione dell’Agenzia delle entrate non è vincolante per il ristoratore che può continuare a operare come in passato, perché non è stata promulgata una nuova legge. Purtroppo la legge non definisce con parametri oggettivi cosa è somministrazione (Iva 10%) rispetto alla vendita (Iva variabile in funzione del prodotto 10% – 22%). Anche il controllo di Guardia di Finanza o Agenzia delle Entrate sulle aliquote Iva risulta tecnicamente molto complesso in questa situazione.” Resta sottinteso che noi di FoodService non incitiamo nessun comportamento contrario alla legge.