La parola ‘wagamama’ in lingua giapponese ha numerosi significati. Uno è ‘ragazzo indisciplinato’. Ed è forse questa la definizione che meglio si addice all’insegna dallo spirito inglese, ma dall’anima a tutti gli effetti asiatica, che lo scorso 21 giugno ha esordito in città, scegliendo Milano che si somma ai due ristoranti già esistenti e aperti a maggio del 2017 presso l’Oriocenter (Bg) e, sei mesi più tardi, nello spazio food del T1 di Malpensa.
Il capoluogo lombardo è quindi la terza tappa dell’insegna e si colloca lungo un percorso strategico che prevede ulteriori aperture in futuro: prima nel Nord del paese e poi mano a mano a scendere fino a raggiungere il Sud. Sono circa 12 (e forse più) le inaugurazioni annunciate in Italia nel prossimo quinquennio. Dicevamo, quindi, ‘bad boy’. Perché bisogna essere un po’ indisciplinati per scegliere di aprire a Milano un ristorante che fa del cibo giapponese la sua forza. L’offerta a base di specialità del Sol Levante nel centro meneghino di certo non manca, ma Wagamama ha deciso di differenziarsi dagli altri player proponendo un concept di ristorazione informale, rilassante, friendly, anche se quello che sembra fare davvero la differenza è il posizionamento prezzo, ragionevole e competitivo in una città come il capoluogo lombardo.
Si cena con meno di 20 euro, tanto per intenderci, e le portate risultano abbondanti. I piatti spaziano da ricette a base di pesce a quelle di carne, con l’intermezzo di insalate, finger food orientali, verdure varie e centrifughe di vario genere. Ad assicurarsi la gestione dell’insegna nel Bel Paese è stata W Italia, joint venture siglata tra Percassi Food & Beverage, holding di Antonio Percassi, e Migebar di Giorgio Moncalvo (già proprietario della catena Ca’puccino) e Maurizio Raviolo, a cui è stato affidato il ruolo di managing director. Food Service lo ha incontrato e intervistato il giorno dell’inaugurazione milanese.
Perché è stata scelta Milano come esordio in città?
Per una ragione molto semplice: ci troviamo in quella che oggi, a giusto titolo, è ritenuta essere la capitale italiana del food. Inoltre, il capoluogo lombardo ha una spiccata propensione ad accogliere ogni tipo di cultura alimentare. Senza poi dimenticare che è una città di business dove il canale Horeca sta vivendo una fase di forte fermento.
Wagamama, ovvero cucina ‘panasiatica’. Che cosa si intende più nello specifico?
Significa che segue attentamente la tradizione della cultura orientale, con un principale focus su quella di stampo giapponese, come voluto dal fondatore stesso di Wagamama. Non sono, dunque, previste contaminazioni con cucine di altri paesi, Italia compresa. Il menu viene prima realizzato e proposto ai clienti in Inghilterra e poi, se ottiene riscontri positivi, l’anno successivo lo si esporta nei punti vendita all’estero. Nulla cambia, i piatti sono identici ovunque. L’unica eccezione riguarda i punti vendita aperti in Arabia Saudita, dove alcune ricette a base di carne di maiale, per motivi religiosi, sono state modificate.
In Italia a quali fornitori e distributori fate riferimento?
Alcuni ingredienti, come le salse speciali o i ravioli gyozas, sono preparati e spediti direttamente dall’Inghilterra, così come i noodles usati per il ramen provengono dalla Germania. Per il resto ci affidiamo a società di distribuzione italiane, quali Dac di Brescia, e Spreafico, che ha sede a Dolzago, in provincia di Lecco, per l’ortofrutta e le materie vegetali.
In generale quali sono gli atout di Wagamama?
Rapidità nella preparazione dei piatti, cortesia e attenzione al cliente. È importante regalare anche un momento di relax in un ambiente amichevole, come afferma lo slogan della catena ‘positive living, positive eating’, al quale si è aggiunto quello che recita ‘diffondere positività dalla scodella all’anima’. Insomma, nessuno deve uscire scontento dal ristorante e se ciò dovesse succedere, allora contattiamo il cliente per invitarlo a riprovare a nostre spese l’esperienza Wagamama, sperando che la seconda volta sia necessaria a farlo ricredere. Gli insoddisfatti li rintracciamo, per esempio, da Tripadvisor o dalla nostra pagina social.
Che fatturato generate in Italia?
Non sono autorizzato a diffondere numeri sul giro di affari, ma le posso assicurare che l’andamento del primo anno di attività è stato molto positivo e superiore alle aspettative di partenza. Quest’anno la previsione è di mettere a segno una crescita del 10%, partendo dal fatto che è possibile ora contare anche su Milano.
A oggi sono stati aperti tre ristoranti, che obiettivi vi siete posti per il futuro?
Inizialmente sono stati programmati circa 12 nuovi punti vendita entro i prossimi cinque anni. In realtà, si sta rivedendo al rialzo questa stima e non si esclude affatto che il numero di inaugurazioni possa essere superiore. Così come è molto probabile che entro la fine dell’anno in corso sarà aperto il secondo ristorante nel centro di Milano. Nell’immediato si privilegia il Nord d’Italia dove è fondamentale garantire un consolidamento del brand, per poi cominciare a porre le basi anche nella parte restante del paese.
Il centro delle città è strategico, ma ciò non toglie importanza al canale travel, che ritenete rilevante. Me lo conferma?
Assolutamente sì. Gli aeroporti e le stazioni ferroviarie rimangono centrali nei piani di sviluppo e crescita della catena in Italia. Sono luoghi che stanno vivendo una fase di profonda evoluzione e dove food, moda ed entertainment sono protagonisti. Inoltre, sono caratterizzati dalla presenza di una clientela business e tendenzialmente interessata a scoprire nuove realtà ristorative, come, appunto, Wagamama. E succede spesso che proprio in questi spazi i consumatori possono accedere a un’offerta gastronomica particolare, che in altri luoghi è difficile trovare.