Con la chiusura del bilancio 2020, gruppo Campari ha tirato le somme sull’anno uno della pandemia da Covid, l’evento più catastrofico dalla seconda guerra mondiale, in particolare per l’Occidente che si è rivelato non attrezzato a fronteggiare la situazione. Nonostante le premesse fossero pessime per le ampie chiusure di bar, ristoranti e locali pubblici in molti stati del mondo, la società è riuscita a limitare i danni a livello commerciale grazie soprattutto alla ampia diversificazione geografica e di canale costruita nel tempo. E così il conto economico consolidato si è chiuso con un calo dei ricavi del 3,8% a 1,77 miliardi di euro. La variazione organica, cioè al netto delle acquisizioni e degli effetti valutari, è stata del -4,1%, leggermente peggiore di quella complessiva ma molto lontana dalle prime tragiche avvisaglie. I margini reddituali si sono contratti più che proporzionalmente al calo del fatturato, per la maggiore incidenza dei costi fissi e non comprimibili: l’ebitda è sceso del 32% a 309 milioni di euro (ebitda adjusted, una misura Campari, pari a 399 milioni) mentre il risultato operativo (ebit) è calato del 40% a 231 milioni (ebit adjusted pari a 321 milioni) e l’utile netto si è contratto del 39% a 187 milioni di euro. I debiti netti a fine esercizio sono saliti a 1,1 miliardi di euro, a fronte di 777 milioni di 12 mesi prima.
Nessuna previsione puntuale per il 2021 da parte della società ma solo l’idea che nel breve i consumi a casa resteranno sostenuti in un contesto nel quale, comunque, i locali pubblici riprenderanno prima o poi il loro ruolo nella convivialità dei consumatori perché i cambiamenti nello stile di vita indotti dal Covid non saranno duraturi.
USA IN POSITIVO, MALE CENTRO E SUD AMERICA
Cosa è successo nelle zone di presenza del gruppo a livello internazionale? Vi sono state ampie differenze di performance che meritano di essere sottolineate per comprendere meglio l’andamento del gruppo. Le Americhe innanzitutto, ovvero la zona che produce la più ampia fetta di ricavi grazie al peso specifico del mercato americano, il primo per importanza. La zona ha chiuso con un ribasso delle vendite dell’5,8% (-1,8% le vendite organiche), sulle quali hanno impattato anche i cambi sfavorevoli.
In positivo il mercato Usa (+3,4% le vendite), grazie alla reattività del canale off premise (consumo a casa), dove i maggiori brand hanno visto crescite a doppia cifra, e che ha controbilanciato il calo di ricavi dovuti alle chiusure e le restrizioni dei locali pubblici, i quali pesano il 30% sulle vendite in quel mercato. Da sottolineare la crescita del 500% delle vendite e-commerce negli Stati Uniti, che hanno pesato per il 3% del totale. In Italia la società ha acquisito il 49% di Tannico, il maggior sito di vendite online di vini.
Gli altri mercati importanti della regione hanno visto andamenti molto differenti, con il calo dell’8,2% per la Giamaica, sulla quale ha impattato anche il crollo delle presenze turistiche, mentre il Canada è salito del 12,5% per il maggiore consumo a casa. Male il Brasile, che ha ceduto su tutta la linea a causa della sua forte esposizione ai locali pubblici, così come il Messico che ha visto scendere le vendite di ben il 31 per cento.
ITALIA PENALIZZATA DALLE CHIUSURE DEI LOCALI
Il sud Europa, Medio Oriente e Africa, la zona nella quale è compreso il mercato italiano – il secondo per importanza col 17% delle vendite complessive – ha visto un calo del 7%, ma in realtà la performance organica è stata ben peggiore e pari al -18,6% solo mitigata dal contributo delle attività acquisite nell’anno. Il pessimo andamento delle vendite dell’area è dovuto principalmente all’Italia, che ha visto un calo del 17,4% del fatturato per la sua forte esposizione ai locali pubblici, chiusi per molti mesi, e che nell’ultimo trimestre dell’anno è sprofondato di ben il 32 per cento nonostante la crescita del consumo a casa, anche dei prodotti da aperitivo.
Negli altri mercati dell’area molto male la Spagna, dove i ricavi si sono dimezzati mentre la Francia ha avuto un andamento positivo grazie anche alla distribuzione diretta, resa possibile dall’acquisizione del distributore locale Baron Philippe de Rothschild France Distribution, già partner della società italiana.
Le vendite del canale “Global travel retail” legate agli aeroporti, sono scese del 69% circa per il blocco dei viaggi a tutte le latitudini.
LA GERMANIA È SEMPRE PIU’ STRATEGICA
Se il sud Europa piange, non si può dire altrettanto del centro e nord del Vecchio continente, l’àncora di salvezza per questo anno disgraziato. Le vendite della zona sono, infatti, cresciute del 2,5%, variazione che diventa del +6,8% a livello organico. È la Germania che, con una crescita dell’8,6%, spinge la performance e si consolida sempre più come terzo mercato del gruppo, che vale a fine 2020 il 10,3% delle vendite. La forza del mercato tedesco è dovuta al suo sbilanciamento sul consumo a casa dei prodotti Campari, premiato dal cambiamento di stile di vita nelle fasi più dure della pandemia. Il mercato tedesco è ormai il secondo come importanza per Aperol e Skyy Vodka e il terzo per Campari.
In positivo anche l’Inghilterra, che vede una crescita organica del 7,4%, così come la Russia che sale a doppia cifra, e positive anche le performance di Svizzera, Belgio e paesi dell’est Europa, con la sola Austria ad aver mostrato un andamento negativo dovuto, spiega la società, anche al calo di turisti.
LA NUOVA FRONTIERA CINESE
L’Asia – Pacifico è un discorso a parte. È la zona che pesa meno sui ricavi totali (7%) e ha chiuso con una crescita dell’1,8% dei ricavi grazie al solo mercato australiano, mentre tutti gli altri mercati hanno ripiegato, anche pesantemente come il Giappone. Per la Cina il calo organico è stato del 14,4% ma proprio su questo mercato la società ha iniziato a spingere sulla penetrazione dei suoi brand con la speranza di raccogliere in futuro. “Mi auguro che il peso dell’Asia raddoppi nei prossimi cinque anni” ha detto in un’intervista al Sole 24 Ore Bob Kunze-Concewitz. “In tutta franchezza la nostra debolezza storica è sempre stato il basso peso dell’Asia sul nostro fatturato. L’anno scorso abbiamo iniziato a trasferire la sede asiatica dall’Australia a Singapore, abbiamo cambiato il management e la squadra in quasi tutti i mercati, avviato delle jv in Corea e Giappone e in Cina abbiamo fatto una serie di test su alcuni canali per l’Aperol Spritz”.
TEQUILA ESPOLON MOLTO BENE, MALE IL CRODINO
I migliori brand del gruppo nel 2020 sono stati la tequila Espolon, cresciuta del 30% circa e che vale ora il 5% delle vendite totali. Bene anche la tequila Cabo Wabo (+19%) a dimostrazione dell’ottimo momento per questo distillato. Si distinguono anche il whisky canadese Forty Creek (+17%), Ouzo 12 (+11%). In coda il Crodino ha perso il 20% delle vendite e il Glen Grant il 19%, ma la situazione più complicata è quella della vodka Skyy (-16%) per il peso specifico che ha sul totale del fatturato di gruppo. Per Aperol, il prodotto più venduto, un anno invariato.